Commento

USA-Cina, un divorzio economico ad alto costo

Un ampio disaccoppiamento economico tra Washington e Pechino è possibile solo pagando un prezzo molto elevato da parte di entrambi e da parte dell’economia globale
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Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
06.05.2025 06:00

Un ampio disaccoppiamento economico tra Stati Uniti e Cina è possibile solo pagando un prezzo molto elevato da parte di entrambi e da parte dell’economia globale. Al di là dei furori del presidente USA Trump e della sua mistica dei dazi, la realtà che si è creata e consolidata nell’arco di molti decenni indica che un netto divorzio economico tra i maggiori attori mondiali, tutti e due nel complesso grandi beneficiari della globalizzazione economica, si può attuare solamente se si è disposti a fare passi indietro in termini di velocità di crescita e di diffusione del benessere.

Sia gli Stati Uniti, prima economia mondiale, sia la Cina, che è al secondo posto, avrebbero molte ragioni per non procedere nella spirale protezionistica originata dalla guerra dei dazi varata da Trump. Se da un punto di vista politico la Cina con il suo regime resta lontana dalle democrazie occidentali, non altrettanto si può dire per il versante economico, dove gli intrecci sono molti e di spessore. Tutto ciò richiederebbe una particolare cura nel maneggiare i contrasti nei commerci. Purtroppo, spiace doverlo dire, la necessaria prudenza oggi a Washington pare rimaner confinata in un angolo; qualche cautela in più sembra ancora esserci a Pechino, dove però, per quello che si può vedere, al di là degli scontati controdazi non sembra per ora emergere una iniziativa più vasta e articolata. È difficile comprendere se Trump e il leader cinese Xi Jinping, con i rispettivi consiglieri economici, si rendano conto davvero e sino in fondo del possibile approdo finale di un’ampia guerra dei dazi.

Si diceva delle molte ragioni per porre fine al maxi scontro commerciale. Facciamo alcuni esempi su entrambi i lati. Gli Stati Uniti si riforniscono largamente di merci cinesi, parliamo qui di merci omologate e valide, non perché facciano filantropia ma perché questi beni sono molto convenienti e a questo punto anche difficilmente rimpiazzabili, se non a costi e prezzi parecchio più alti. Alcuni media americani in questo periodo hanno fatto una lista vasta delle merci cinesi che hanno sin qui popolato gli scaffali di negozi e supermercati negli USA. Inoltre, molte imprese statunitensi fanno una parte non secondaria dei loro profitti grazie al sistema Cina, inteso sia come enorme mercato di vendita sia come base produttiva. A ciò si può aggiungere il capitolo delle materie prime e in particolare delle terre rare, importanti per molti prodotti anche tecnologici; in questo campo la Cina ha un ampio predominio e non è così facile rimpiazzare totalmente Pechino puntando su ricerche autonome e accordi (compreso quello forzato con l’Ucraina) in altre parti del mondo.

La Cina a sua volta si rifornisce di prodotti americani importanti in molti rami, tra cui quelli dei farmaci ad alto valore aggiunto e di altri articoli sanitari; forse non è casuale che proprio su farmaci e sanitari sembra esserci un dibattito interno cinese sulla eventualità di togliere i dazi almeno su alcuni di questi prodotti USA. Inoltre, le imprese straniere che operano in Cina, tra le quali come detto anche quelle molto rilevanti americane, danno un contributo importante alle esportazioni del Dragone; con i maxi dazi diventa però difficile per queste imprese continuare a lavorare ai livelli acquisiti. A proposito ancora di export, si può aggiungere che per Pechino sarà ben difficile, se non impossibile, sostituire le ingenti esportazioni verso gli USA con altre dirette verso l’Europa e le diverse aree del mondo; il Vecchio continente ha margini relativi perché importa già non poco dalla Cina ed è più che probabile che le capacità di assorbimento delle altre aree non bastino per il rimpiazzo. Se le due principali economie davvero vorranno danneggiarsi in profondità, sarà difficile poi non avere frenate per l’intera economia mondiale. Fermare la guerra dei dazi sarebbe solo giusto e anche di buon senso.