L'opinione

Don Lorenzo Milani educatore, con la «sua» scuola di Barbiana, oggi, ha ancora così tanto da dire

Marco Tonacini–Tami, già direttore della Rivista «Voci nuove»
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Red. Online
16.04.2024 10:32

Don Lorenzo Milani, vissuto nel Novecento,  un sacerdote che ha  anticipato  il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962 – 1965) è stato con la «sua» Scuola di Barbiana, un impareggiabile educatore, confinato dal suo Arcivescovo  (Firenze), negli anni Cinquanta del ventesimo secolo, in un paesino dove  non c’era strade, acqua e luce, uno sperduto  villaggio alle pendici del Monte Giovi nel territorio del comune di Vecchio dove  vivevano poveramente una decina di famiglie dedite alla cura del bestiame e all’agricoltura. Anche oggi arrivare a Barbiana non è facile.

Un uomo, un prete che visse il Vangelo «sine glossa», come ebbe a dire il «Poverello d’Assisi», Francesco, privilegiando sempre la sua vicinanza con i poveri, gli ultimi del Vangelo. Don Lorenzo Milani nasce in una famiglia agnostica, la mamma è di origine ebrea, il padre è di professione chimico. Fu negli anni Trenta, quando la famiglia da Firenze si trasferisce a Milano, per evitare le leggi razziali volle battezzare tutti i tre figli. Una famiglia, la sua, dicono i suoi biografi, che parlava sei lingue.

Il suo avvicinamento alla Chiesa cattolica, romana, dicono ancora i suoi biografi, fu fondamentale per la sua attività pedagogica-educativa. Entrato in Seminario durante la seconda Guerra mondiale, venne ordinato sacerdote nel 1947; fu parroco a Calenzano fino al 1954. Qui fa l’esperienza della «Scuola popolare». Nel 1977 ha pubblicato un libro dal titolo «Esperienze pastorali», che l’autorità ecclesiastica ritenne non conforme alla dottrina e all’insegnamento della Chiesa, Per don Lorenzo Milani ebbe come conseguenza l’isolamento a Barbiana, dove restò fino alla morte.  Una condanna che è durata dal 1958 al 2014. In esilio a Barbiana don Lorenzo Milani fa un’esperienza con i «suoi» ragazzi «relazionale radicale»; un’esperienza di crescita che ha dato buoni frutti.

A proposito della punizione da parte del suo Arcivescovo, Michele Gesualdi, scrive: «Non sappiamo come un così malevolo giudizio sia potuto uscire dall’archivio riservato della Curia e reso pubblico pochi mesi dopo la morte di mons. Florit. Sono parole pesanti e ingenerose scritte da un cardinale nei confronti di un suo sacerdote che aveva annullato sé stesso per stare a fianco di tutti coloro che necessitavano del suo aiuto. Opera sempre svolta e condotta in nome della Chiesa».

Ma il suo libro più conosciuto è «La Lettera a una professoressa», pubblicata dopo la sua morte. Don Lorenzo Milani ebbe anche una condanna in foro civile, per «vilipendio alla Patria» Per lui «l’obbedienza non è più (non era!) una virtù».

«Oggi nella scuola tutto è orientato al funzionamento. Tutto in nome del diritto individuale. Ci si allontana così dall’educazione. Ma quando qualcosa non funziona, che facciamo, lo scartiamo? Da qui la passione di don Milani per i suoi ragazzi (...). La scuola è luogo e un tempo che genera senso condiviso?» Così scrive Johnny Dotti pedagogista e docente all’Università Cattolica di Milano, in il «Notiziario» della Banca Popolare di Sondrio, n. 52 – agosto 2023. pagina. 24

 Il suo insegnamento è attuale anche oggi, dal momento che nel nostro cantone si parla della scuola da diversi anni. Ultimamente è stato allestito un progetto nuovo per la scuola d’obbligo (poi ritirato), perché non ha fatto l’unanimità tra gli attori coinvolti: allievi, docenti, famiglie.

Anche oggi l’educatore di Barbiana ha ancora così tanto da dire!