Editoriale

A Pasqua una città quasi turistica

Complimenti ai pochi commercianti di Lugano che hanno alzato le serrande nei momenti di maggior afflusso di persone: sulle rive del Ceresio, tuttavia, non sempre la logica trionfa
©CdT/Gabriele Putzu
Giuliano Gasperi
14.04.2023 06:00

Complimenti ai seppur pochi commercianti di Lugano che a Pasqua e Pasquetta hanno alzato le serrande dei loro negozi. Bravi, davvero, anche se a ben guardare non hanno fatto nulla di eclatante: è abbastanza logico tenere aperto nei momenti di maggior afflusso di persone. Sulle rive del Ceresio, tuttavia, come su tante altre rive del mondo, non sempre la logica trionfa. Spesso e volentieri, le possibilità concesse dalla legge di accogliere clienti la domenica o nei giorni festivi non vengono sfruttate. Basti pensare a quanto accaduto nel febbraio dello scorso anno, quando la Società commercianti aveva lanciato una campagna di comunicazione proprio sulle aperture straordinarie, facendo pensare, o almeno sperare che la domenica successiva ci sarebbe stata una certa vivacità nelle vie dello shopping. Macché: quasi tutto chiuso. Il copione si è ripetuto durante l’ultima due giorni pasquale. Esclusi bar e ristoranti, i negozi aperti si contavano sulle dita di una mano. Di due, al massimo. Ogni esercente avrà avuto le sue ragioni. Alcuni magari non avevano il personale per aprire, altri erano contrari di principio, altri temevano che non ne sarebbe valsa la pena, mentre altri, forse, di quei potenziali incassi non avevano bisogno, nonostante la situazione del settore, tra commercio online e acquisti oltre frontiera, non sia tra le più rosee. Motivi privati, effetto pubblico: una città che premia solo in parte chi viene a visitarla. Una cosa è certa: la gente non mancava. Traboccava di gente, Lugano, anche grazie al mercatino, alla caccia al tesoro nel parco e alle altre proposte della manifestazione Pasqua in Città. Per questo merita un plauso anche il Municipio. Tranne che per un aspetto: il lungolago andava chiuso al traffico. Era stato pedonalizzato in domeniche molto meno frequentate e certe volte pure uggiose, mentre a Pasqua e Pasquetta splendeva il sole e c’era un fiume umano che scorreva sul marciapiede del quai. Immagini da città turistica, che Lugano ha l’ambizione di essere.

Per affermarsi come tale, però, non bastano le parole: tutti gli operatori del settore, se credono in questa visione, devono agire di conseguenza. Mettere al centro il visitatore, andare oltre gli orari e la mentalità dell’ufficio. In una recente intervista al nostro giornale, il direttore dell’Hotel Splendide Royal Giuseppe Rossi diceva che Lugano, a suo parere, sta sfruttando solo due terzi del suo potenziale turistico. I negozi chiusi dello scorso fine settimana rientrano senza dubbio nel terzo mancante. A parte le aperture straordinarie (ma logiche) Lugano può e deve fare di più per capitalizzare la bellezza del suo paesaggio e il fascino che esercita sui viaggiatori fin dall’epoca ottocentesca dei grand tour (anche se da allora la regina del Ceresio è stata imbruttita dalla sostituzione di tanti edifici eleganti e raffinati con dei parallelepipedi privi di qualsiasi ricerca estetica).

Il primo passo per fare di più, e di meglio, è analizzare a fondo la situazione in cui ci troviamo, e per fare questo non possiamo limitarci al discorso trito e ritrito sul numero di pernottamenti nella regione che, complici i media, domina la discussione pubblica sul turismo. I pernottamenti aumentano: buono, tutti contenti. I pernottamenti diminuiscono: non buono, ma siamo fiduciosi. Non se ne può più. Chiediamoci piuttosto perché i turisti vengono a Lugano, cosa apprezzano di più, cosa vorrebbero trovare e cosa invece li delude della loro esperienza, perché tornerebbero e perché invece non tornerebbero. Sarebbe un esercizio prezioso per il futuro. Sarebbe buono, in ogni caso.