L'editoriale

Alleanze, strategie e il mondo là fuori

Il congresso del Partito socialista ha chiaramente indicato la via da percorrere nel futuro immediato, con la volontà di dare vita a qualcosa di stabile e d’impatto anche più in là negli anni
Gianni Righinetti
14.11.2022 06:00

Il congresso del Partito socialista ha chiaramente indicato la via da percorrere nel futuro immediato, con la volontà di dare vita a qualcosa di stabile e d’impatto anche più in là negli anni. L’alleanza tra PS e Verdi, nelle intenzioni del partito oggi elettoralmente più forte, va costruita su basi paritarie: due seggi a testa sulla lista del Consiglio di Stato e il quinto posto ad un profilo d’area, un esponente della cosiddetta società civile. La lista unitaria rossoverde è la principale novità in vista delle elezioni cantonali del 2023, una rivoluzione messa in ombra per mesi dai litigi sui nomi e da un modo di fare della direzione che non convince anche alla luce del chiaro avallo congressuale. I due co-presidenti Laura Riget e Fabrizio Sirica sono usciti a testa alta dall’esercizio democratico messo in atto ieri, ottenendo per la seconda volta l’avallo della base: cosa che era già avvenuta nel corso della conferenza cantonale ad inizio settembre. La sostanza ha dato loro ragione, ma la ragione non è stata il punto di forza di quanto avvenuto in settimane di tensioni, alla luce di una strategia studiata per escludere e non per includere, come si fregia di fare da sempre il PS. Il congresso è il luogo delle parole, in parte del «bla bla», in particolare di quello dei tanti congressisti tifosi. Quelli che si sono espressi per la vincitrice Marina Carobbio e quelli a sostegno della sconfitta Amalia Mirante. Da subito si è capito che i giochi erano fatti: le regole immutabili e Mirante non gradita. E questo sin dal primo intervento della co-presidente Riget, salutato con una standing ovation. Poche sono state le voci autorevoli in grado di portare un ragionamento apertamente maturo, scevro da interessi personali diretti (o regolamenti di conti datati) ma allo stesso tempo ormai tardivo, la storia era scritta. Si tratta delle parole del sindaco di Bellinzona Mario Branda, un socialista che ha provato sulla sua pelle cosa significhi una campagna elettorale ad alta tensione interna e che sa bene cosa significhi trovarsi soccombente. Lui la battaglia l’ha fatta 12 anni fa con l’ormai consigliere di Stato uscente Manuele Bertoli. Branda non ha avuto timore alcuno nel dire che «Carobbio è la mia candidata», manifestando poi profonda incomprensione «per la scarsa democrazia nel partito», ovvero l’atto di forza per escludere Mirante. Una mossa che corrisponde a un danno d’immagine che un voto congressuale non cancella come d’incanto. Branda ha ricordato che le persone da convincere vivono il Paese reale, dove non si parla bene del PS e di quanto accaduto in questi mesi. Una chiara risposta a chi ha sollevato un’assoluta assurdità, ovvero il grado di socialismo che deve essere presente in ogni candidato, con la volontà di attribuire una pagella con differenti tonalità di rosso. Questo è probabilmente solo l’ultimo errore di valutazione delle scelte pilotate per mesi e formalmente prese ieri. I voti, come sempre, si contano e non si pesano. Ieri sono stati contati quelli interni, ad aprile si conteranno quelli degli elettori. La partita del fronte rossoverde rimane aperta in attesa del quinto nome (sarà Boas Erez?) e l’obiettivo raddoppio (ventilato negli scorsi mesi) ora è più realisticamente rinviato almeno alla successiva tornata, quella del 2027. Ma dopo le cantonali ci sarà la partita sul piano federale da giocare. Detto che Carobbio ha già in tasca le chiavi per Palazzo delle Orsoline, resta da capire quali siano gli accordi già fatti a sinistra. Il seggio lasciato volontariamente da Carobbio al Consiglio degli Stati sta generando un gran appetito. E ad avere fame è anche il PLR che vorrebbe tornare alla Camera dei cantoni, verosimilmente giocando la carta Alex Farinelli. A proposito dei liberali radicali, sabato il Comitato cantonale ha avallato il poker che accompagnerà il consigliere di Stato in carica Christian Vitta. Di raddoppio (saggiamente) non parla nessuno, d’altronde la lista non è di quelle pensate per fare il botto. Va ribadito che non impressiona, staremo a vedere se sarà in grado di stupire. Contrariamente a quanto avvenuto per i compagni, il presidente Alessandro Speziali non ha conosciuto problemi di sorta, colpi di gomito o sgambetti per esserci a tutti i costi e ha potuto avere una posizione assolutamente neutrale, super partes. Tifoso di tutti (facendo l’occhiolino a Vitta), ma non di altri in particolare. Il fil rouge per il partito che ha abbandonato ormai divisioni e tensioni è stato l’entusiasmo e gli applausi a scena aperta. Siamo ormai nel pieno della campagna elettorale tra alleanze, strategie e il sempre sproporzionato entusiasmo interno che accompagna questo periodo. Un momento nel quale occorre anche tenere i nervi saldi e considerare che il solo giudice inappellabile di ogni mossa è l’elettore ovvero il mondo là fuori.