L'editoriale

Apprensioni concrete e ottimismo da ritrovare

Secondo quasi tutti siamo fuori dalla pandemia, ed ecco che la questione climatica balza prepotentemente al primo posto tra le preoccupazioni – A preoccupare è il fatto che una persona su quattro decide di non fare figli per non condannarli a un futuro che avverte, nel peggiore dei casi, come già compromesso
© KEYSTONE (Hendrik Schmidt/zb/dpa)
Paride Pelli
24.11.2022 06:00

In questo frangente, così delicato per tutti, appare ancor più utile e di stretta attualità la pubblicazione di un «barometro delle apprensioni» degli svizzeri. Già, perché ciascuno di noi è preoccupato per ciò che è accaduto e sta accadendo negli ultimi tre anni. Tra i risultati del sondaggio, condotto nell’estate scorsa su quasi milleottocento persone con diritto di voto e di tutte le regioni della Confederazione, si registrano, di fatto, da una parte ansie concrete, legate agli accadimenti recenti, ma anche timori più astratti. I partecipanti potevano indicare cinque preoccupazioni principali e quest’anno, con il 39%, la più quotata si è rivelata l’ambiente, in tutte le sue declinazioni. Il dato va tuttavia letto contestualizzandolo: la questione climatica è all’ordine del giorno sui media, a causa della risonanza che hanno avuto alcune (scriteriate) azioni condotte quest’anno dalle associazioni del settore (un buon numero di capolavori imbrattati, vie di comunicazione bloccate per ore da giovani attivisti), ma questo spiega solo in parte il risultato del sondaggio. A leggere bene tra le righe, infatti, il peso di questa preoccupazione è lo stesso degli anni precedenti. Il balzo in avanti è dovuto all’arretramento dell’apprensione per la pandemia, che era al 51% nel 2020 e al 40% l’anno scorso. Oggi è precipitata al 13% (insomma, secondo quasi tutti ne siamo fuori, come sperato e scritto tante volte anche su queste colonne), ed ecco che la questione climatica balza prepotentemente al primo posto, spinta anche dalle notizie di cronaca. Ma il dato resta un poco contraddittorio, in una Confederazione dove, a giugno dell’anno scorso, dopo tre anni di dibattiti in Parlamento e una campagna molto divisiva, la popolazione ha respinto la revisione della legge sul CO2, considerata un pilastro della politica climatica svizzera e un passo avanti indispensabile per il dimezzamento delle emissioni. Segnale che la questione è sì al primo posto, e anche con ragioni condivisibili, ma solo in una maratona delle buone intenzioni.

A preoccuparci, semmai, è il fatto – messo in evidenza da un’altra recente ricerca – che una persona su quattro decide di non fare figli per non condannarli a un futuro che avverte, nel peggiore dei casi, come già compromesso. Che tale scelta sia un atto d’amore o un gesto di egoismo è opinabile, ma che questo comportamento abbia un impatto sulla demografia – base di ogni possibile sviluppo culturale, sociale ed economico – è fuori di dubbio. Altrettanto concreta – per tornare al barometro delle apprensioni pubblicato ieri – è pure la preoccupazione verso l’AVS e la previdenza per la vecchiaia, attestatasi al secondo posto con un 37% inossidabile. Questo perché il dato riguarda la tangibile paura per il proprio tenore di vita personale e per come mantenerlo in un mondo che è all’improvviso peggiorato. Si rileva altresì che gli svizzeri non sono molto impensieriti dalla questione lavoro (per la prima volta dal 1988, la disoccupazione è uscita dalla classifica delle dieci maggiori preoccupazioni) ma temono comunque un peggioramento della propria situazione economica. Su questo argomento il sondaggio ha rilevato una sensibilità mai raggiunta negli ultimi tre decenni. Quel che possiamo dedurne in generale è che vi sia ansia nell’aria, meno angosciante che durante la pandemia, ma persistente su due temi principali: il clima, su cui certamente bisogna fare dei passi in avanti obbligatori ma senza timori apocalittici, e l’economia, con le sue declinazioni riguardanti l’inflazione, la penuria energetica, i valori identitari della Svizzera, nonché, su tutto, il tenore di vita dei nuclei famigliari. È su questi ultimi settori che si può e si deve lavorare con un filo di sana urgenza, mantenendo quel pizzico di ottimismo verso il futuro che - ce lo dice il barometro - in Svizzera si è decisamente smorzato.