C'è una fiducia da ristabilire per le riforme
La fiducia nelle istituzioni è una componente fondamentale di una democrazia. Lo è a maggior ragione in Svizzera, dove i cittadini, tramite iniziative e referendum possono dire regolarmente la loro e incidere sulle scelte operate da Governo e Parlamento. Negli ultimi anni, questa fiducia è stata incrinata a due riprese da errori di calcolo dell’amministrazione, che aveva fornito informazioni sbagliate sia nella campagna sulla Riforma II della fiscalità delle imprese (2008) sia in quella sull’iniziativa «Per il matrimonio e la famiglia» (2016), culminata con il clamoroso annullamento della votazione popolare da parte del Tribunale federale.
Lo svarione (in sé meno grave) commesso l’ottobre scorso dall’Ufficio di statistica, che aveva decretato il sorpasso elettorale del Centro sul PLR a livello nazionale, salvo fare dietrofront tre giorni dopo, aveva ridestato vecchi fantasmi. Le prospettive errate sulla situazione dell’AVS portate alla luce ieri dall’Ufficio federale delle assicurazioni sociali – con uscite inferiori di 4 miliardi di franchi nel 2033 – tornano ora a minare questa fiducia. Il terreno è altamente sensibile perché le previsioni finanziarie sono uno strumento per guidare le decisioni politiche e perché l’errore viene alla luce dopo due votazioni popolari ravvicinate sul primo pilastro e in vista di decisioni importanti sul finanziamento della 13. AVS.
Nella classe politica ci sono reazioni di segno opposto. Il PS chiede di potenziare le rendite e di abbandonare eventuali propositi di aumentare l’età pensionabile; le donne socialiste sperano di poter ripetere la votazione popolare sul pensionamento a 65 anni per tutti passata con una risicata maggioranza; l’USS, dal canto suo, vorrebbe anticipare la tredicesima mensilità al mese di dicembre del 2025. Il PLR, invece, proprio in virtù del fatto che la situazione è meno critica, chiede di interrompere i lavori sull’aumento dei prelievi salariali e dell’IVA. Anche l’USAM non ne vuole sapere di un aumento del costo del lavoro e vuole rimandare le decisioni sul finanziamento dell’AVS a un progetto globale basato su dati affidabili.
Intanto, c’è una fiducia da ripristinare, indagando le cause e le responsabilità degli errori e affinando nuovi modelli di calcolo. Il fatto che sia stata disposta un’indagine amministrativa e che per il futuro si prevedano anche sistemi alternativi per verificare la plausibilità delle proiezioni è un primo passo indispensabile. Ma passata la bufera bisognerà venirne a una e riuscire a superare le contrapposizioni che frenano la ricerca di soluzioni sul finanziamento a medio termine del primo pilastro.
L’AVS sta meno peggio di quanto si pensasse e questo dovrebbe dare un po’ di fiato alla politica per fare le riforme. Ma il primo pilastro continuerà pur sempre ad accumulare deficit a partire dal 2026. Non bisogna illudersi, anche perché il problema di fondo, l’invecchiamento della popolazione, non sparirà. Volenti o nolenti, per mantenere la situazione in equilibrio serviranno sempre misure strutturali.