È il grande giorno del Nobel per la pace di Gianni Infantino

È il mantra di Gianni Infantino, prima, durante e al termine di ciascuna delle «sue» edizioni. «Solo per voi, il migliore Mondiale di sempre». L’etichetta, e ci mancherebbe, è stata appiccicata pure al torneo della prossima estate in Canada, Messico e Stati Uniti. Con un’aggiunta, per altro vistosa. «Il più grande di sempre». Un dato incontestabile, considerata l’ubriacatura di partecipanti, passati da 32 a 48. Panem et circenses.
Un dubbio, lungo settimane di intrecci e abbracci quasi morbosi, ci ha però assaliti. Davvero, a ridosso dell’appuntamento del 2030, il presidente della FIFA troverà il coraggio di mancare di rispetto all’amico Donald Trump? Dopo aver immaginato presente e futuro a proprio piacimento, nello Studio Ovale, banchettando o a un colloquio di pace, davvero Infantino oserà dichiarare che, sì, può esistere una Coppa del Mondo più bella di quella americana? Esitiamo, per l’appunto, alla luce di una sovrapposizione di ruoli e pensieri tanto evidente, quanto inquietante. E, a questo punto, siamo felici per Infantino - diremmo per il pianeta - che a governare gli USA, tra cinque anni, dovrebbero essere altri.
Il sorteggio di Washington, che oggi plasmerà la fase a gironi del Mondiale 2026, è invece una graffetta che racchiude alla perfezione l’ego di uno e dell’altro personaggio. Già, perché il percorso delle differenti selezioni è destinato a passare in secondo piano. Eccome. Al Kennedy Center c’è un’onorificenza da assegnare. E non è un riconoscimento qualunque. Il Premio per la pace FIFA, leggiamo, vuole omaggiare chi si è speso «instancabilmente per porre fine ai conflitti e riunire i popoli in uno spirito di pace». Toh, proprio come il Nobel, che il presidente americano aveva cercato di autoattribuirsi a più riprese ma che è finito in mani più ferme. Infantino, pare all’oscuro dell’intero Consiglio FIFA, ha svelato la novità a inizio novembre, nel quadro dell’America Business Forum di Miami, dove guarda caso si era appena espresso Trump. «Il sorteggio ha spiegato il numero uno della Federcalcio internazionale - è la tribuna giusta per premiare chi ha fatto tanto o fa tanto per la pace. Il calcio contribuisce a questo, ma abbiamo anche bisogno di leader capaci di concretizzare questo impegno». Ehm, la indoviniamo con una. Infantino, d’altronde, sa di che cosa parla. Il 13 ottobre, invitato dall’inseparabile compagno, si trovava a sua volta al vertice di Sharm el-Sheikh, dove è stato firmato l’accordo di pace per il Medio Oriente. Così come occupava una delle prime file in occasione dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca.
Nel mezzo, dicevamo, si è trattato di modellare un Mondiale all’altezza dei gusti (e dei fastidi) del padrone di casa. FIFA e MAGA a braccetto. Un torneo nel segno dell’inclusione, per cui «tutti saranno benvenuti», non ha mancato di sottolineare Infantino, salvo poi guardarsi bene dal contestare il divieto d’ingresso imposto da Trump ai potenziali tifosi di Iran e Haiti. Come osservato brillantemente dal Guardian, «a Gianni Infantino piace ripetere che la politica deve stare fuori dal calcio e il calcio fuori dalla politica. Ma evidentemente non vale per lui». E per altri eletti, attorno ai quali si vuole allestire lo show calcistico dei record e, di riflesso, un potentissimo diversivo, con cui distrarre la massa da relazioni e metodi inopportuni. La lista è lunga, emblematica di modi di fare al limite, che non ci si degna nemmeno più di nascondere. Ma fare finta di nulla, disposti -ancora una volta - a cedere alla magia del pallone, sarebbe altrettanto oltraggioso.
E allora ecco che Cristiano Ronaldo viene graziato dalla FIFA pochi giorni dopo aver cenato alla Casa Bianca: le due giornate di squalifica che CR7 avrebbe dovuto scontare a inizio Mondiale sono state sospese con la condizionale, facendo valere un articolo del codice disciplinare che in sostanza permette di chiudere un occhio con i bravi ragazzi. Peccato che una simile decisione non conosca precedenti. Oddio, pure all’Inter Miami di Lionel Messi, un annetto fa, erano state spalancate le porte del Mondiale per club grazie a un criterio astruso, di fatto ad personam. E lo stesso si potrebbe sostenere dei tappeti rossi srotolati ai piedi di Arabia Saudita e Qatar, che hanno potuto disputare a domicilio la seconda fase delle qualificazioni asiatiche alla Coppa del Mondo, godendo anche di più giorni di riposo rispetto agli avversari.
Insomma, esiste uno scacchiere geopolitico-sportivo e vi sono due autocrati che spostano le pedine nel nome del profitto e del successo. Perciò ci attende il Mondiale migliore di sempre. Ma non dite a Donald Trump che Gianni Infantino potrebbe rimangiarsi la parola nel 2030. Sempre che ne abbia il coraggio.



