E se andassimo oltre il predominio?

Qualche settimana fa il pubbliredazionale Spazio libero SA – che ogni giovedì appare su entrambi i quotidiani del Cantone – ha dato spazio a un curioso quanto istruttivo contributo di Tito Tettamanti dal titolo “La sinistra ha vinto”. Dopo un’analisi storica sui movimenti filosofici di critica post-marxista a società e istituzioni politico-economiche, Tettamanti presenta la tesi secondo la quale la sinistra progressista si sarebbe affermata instaurando l’egemonia dello Stato grazie alla “rivolta dei discriminati” aizzati ad arte dagli intellettuali.
Nulla di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire. Chi segue Spazio libero e lo stesso Tettamanti – perché è utile ascoltare anche chi non la pensa come te – sa bene che lo sventolare fantasmi di un ritorno del pericolo rosso, della tirannia dello statalismo e dell’estremismo climatico appartiene alla loro “linea editoriale”. Ciò che sorprende semmai è che Tettamanti, solitamente molto manierato e discreto nelle sue critiche, si spinga a suonale la sveglia alla classe dirigente borghese per destarla dalla confusione ideologica nella quale egli ritiene si sia fatta irretire (non si sa se per incompetenza, disattenzione o per potenza obnubilante dell’ideologia progressista), spronandola a battersi per restaurare l’ordine costituito sovvertito addirittura da una presa di potere dello Stato.
La posizione assunta da Tettamanti appare tuttavia alquanto discutibile e persino pretestuosa. Se lo Stato – che pur sempre rappresenta democraticamente la collettività – è “salito in cattedra” negli ultimi tre lustri, è perché ha dovuto farlo, suo malgrado, per evitare il collasso del sistema economico e sociale a seguito delle varie crisi susseguitesi. Non certamente per subdole ragioni ideologiche.
Se ci si propone quale “cercatore di verità” sarebbe opportuno che si sottoponga ad analisi critica anche il funzionamento del sistema economico capitalista e non solo le teorie sociali o le ideologie che ne derivano. Che le banche centrali, non propriamente un covo di sinistroidi, siano dovute intervenire a iniettare (“whatever it takes”) liquidità nel sistema, gonfiando così progressivamente il debito pubblico mondiale a scapito delle future generazioni, non può certamente essere addebitato al progressismo di sinistra. Che questa ingente liquidità sia andata soprattutto a mercati finanziari, discriminando l’economia reale e neutralizzando il cosiddetto ascensore sociale, non può neanche questo essere addebitato alla sinistra progressista o agli intellettuali.
Lasciar poi intendere che non esistano discriminazioni, ma che queste vengano suscitate ad arte dagli intellettuali – naturalmente di sinistra – per imporre lo statalismo e sovvertire così un presunto ordine costituito delle relazioni sociali e di potere, non é forse un’analoga narrazione ad arte dell’intellettuale di segno opposto per suscitare la “rivolta borghese” a restaurare tale ordine costituito?
“Dobbiamo smascherare il pensiero post-marxista degli odierni progressisti e combatterlo per riottenere la predominanza sul discorso”, scrive Tettamanti. Certo, predomino era e predomino vuole rimanere, perché solo alcuni sono degni all’esercizio del potere e guai a condividerlo!