L'editoriale

FC Lugano, che voglia di sentirsi ancora speciali

In queste settimane, il Lugano ha fatto sentire speciale chi lo ama e pure chi, ancora nel 2022, era indeciso – Smettere proprio ora, caro, vecchio FCL, sarebbe un peccato
Massimo Solari
03.06.2023 06:00

Anno elettorale, il 2023. Con le cantonali – prima – e le federali – il prossimo autunno – a fungere da tenaglia democratica. E popolare? Insomma. Il primo dei due appuntamenti alle urne verrà ricordato anche con un dato negativo: la partecipazione ha toccato i minimi storici. Poco più di un ticinese su due. Non solo. La parola d’ordine, a margine dei risultati emersi lo scorso aprile, è stata una e una soltanto: frammentazione. Che, per certi versi, potrebbe anche significare smarrimento. Oppure, volendo riallacciarsi alla scarsa affluenza alle urne, disillusione. Non sappiamo bene il perché, e chiediamo scusa in anticipo per il rimando sottile - persino fragile -, ma la condizione di precarietà appena descritta si è insinuata nei nostri pensieri di Coppa. D’altronde, riflettere sulla finale in agenda a Berna e sull’ascendente del Football Club Lugano, significa altresì prendere la popolazione e porla di fronte a uno specchio. Osservandone il riflesso sociale. Cogliendone i meccanismi.

Insomma, è un po’ come guardarsi dentro. Cittadini e al contempo appassionati di sport, alla ricerca di modelli ai quali ispirarsi. Nei quali identificarsi. Di qui il tirante che tenta di collegare l’ecosistema politico e – agli antipodi – quello calcistico. Con i suoi coinvolgenti protagonisti bianconeri, in campo e sulla panchina. Al Wankdorf, non a caso, l’affluenza sarà da record. E si può pure parlare di trend. 2016, 2022, domani. Tre atti conclusivi, un esodo vieppiù massiccio: 6.300, 9.664, 11.600. Altro che frammentazione e smarrimento. Un presidente di partito gonfierebbe il petto, parlando apertamente di raddoppio. Il che, per la società di stanza a Cornaredo, costituisce qualcosa di straordinario. Sì, indipendentemente dall’esito della sfida decisiva contro lo Young Boys.

Eppure, non si tratta di numeri freddi. Da esporre in vetrina, a mo’ di orpello. No, no, qui – e alziamo la voce – la gente inizia a crederci per davvero. E come darle torto. I primi a essere convinti che il trofeo nazionale non spetta di diritto ai campioni svizzeri sono proprio coloro che fra poche ore difenderanno il titolo. Come dare torto pure a loro. Li avete visti, di recente, il Crus e la sua splendida squadra. Una realtà solidissima, capace di presentarsi in tutti gli stadi del Paese senza il benché minimo complesso di inferiorità. Vincendo, ancora e ancora, entusiasmando e impressionando, anche, per chiarezza di idee e costanza di rendimento. Il Lugano è forte. Il Lugano è temibile. E lo Young Boys lo sa molto bene. Poi, oh, i gialloneri sono senz’altro i favoriti. Nonché favoriti da una discreta lista di fattori: budget, individualità, infrastruttura e superficie di casa. Non è poco. Non è però abbastanza per anticipare il funerale a Sabbatini e compagni, animati dal fuoco sacro acceso dal tecnico Mattia Croci-Torti e - aspetto cruciale - ambasciatori di una cultura oramai vincente.

Il 15 maggio scorso, quando la spavalderia del San Gallo venne annichilita dalla prestazione monstre dei bianconeri, le coordinate erano diverse. Addirittura meno favorevoli o quantomeno ammantate da un sottile strato di incertezza. Vuoi per la pressione, figlia di un digiuno da successi quasi trentennale. Vuoi alla luce di una rosa appena sufficiente, negli effettivi, per provare a essere all’altezza della situazione. Un anno fa, detto altrimenti, il Lugano e il suo condottiero avevano chiesto all’ambiente un atto di fede. E chi aveva preso il treno verso la capitale ha chiuso gli occhi, sperato, pregato. Venendo infine ricompensato con un’interpretazione perfetta e allo stesso tempo incosciente. Ricordate Custodio all’ala e Bottani a uomo su Quintilla? Ecco. A quel Lugano, tuttavia, mancava l’attuale convinzione. Che non è mai sfociata e, va da sé, non dovrà sfociare in supponenza. Supponente, dopo tutto, non lo è nemmeno il Crus, secondo cui il club - come lo Zurigo la scorsa stagione - non deve precludersi determinati obiettivi. Campioni svizzeri? Sì, è fattibile. Eroi di Coppa per il secondo anno di fila ai danni di una formazione che ha ipotecato la Super League prima di Natale? Perché mai non dovrebbe rientrare fra i possibili scenari. La presenza di duemila tifosi in più rispetto all’ultima finale, per l’appunto, non troverebbe una spiegazione logica. I bianconeri, al contrario, saranno seguiti in forze per una ragione molto precisa: non sono mai stati così credibili e persuasivi, dai suoi vertici sino all’ultimo uomo da inserire sul foglio partita. E poi c’è una sensazione... La più importante, la più bella, mentre le farfalle nello stomaco iniziano a muoversi e il cuore ad aumentare i suoi battiti. In queste settimane, il Lugano ha fatto sentire speciale chi lo ama e pure chi - ancora nel 2022 - era indeciso. Smettere proprio ora, caro, vecchio FCL, sarebbe un peccato.

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