Gobbi-Zali: la via d'uscita per evitare le sabbie mobili

Da settimane si sa che la sessione parlamentare che prenderà il via oggi è di quelle ad alta tensione: il Consuntivo 2024, l’iniziativa per fissare al 3% la soglia per accedere al Parlamento e due testi in materia di casse malati dal costo esorbitante: 300 milioni per la proposta del PS e 100 milioni per un’idea leghista. Materia importante, che prometteva già fulmini e saette in un «tutti contro tutti» da film western. Ora a gettare una tanica di benzina supplementare ci hanno pensato Norman Gobbi e Claudio Zali (con la regia o il sostegno di alcuni illuminati leghisti) lanciando il ciuccio e facendo vibrare le corde vocali per urlare, di domenica, «arrocco!». E, non paghi della boutade, si sono scambiati i ruoli: dal Territorio alla Giustizia per Zali, con Gobbi a fare da damigello, in occasione del giorno più importante per il terzo potere dello Stato, l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Sembra un racconto irreale, invece è nuda e cruda realtà. Poi tutto precipita: quell’accordo per il Governo non è assolutamente cosa fatta. I due leghisti allora si scusano con i colleghi, ma ormai è gazzarra totale con gli arieti di quello che fu un movimento tutto genio e sregolatezza che non arretrano, bensì picchiano ostinatamente la testa contro il muro e il megafono domenicale (senza mai dimenticare che, come dicono loro, «non è il giornale della Lega») che affila la penna e si lancia in una serie di castronerie da premio Pulitzer urlando: «Gobbi, Zali e Picca, tenete duro!». È la riedizione del «celodurismo» bossiano in salsa verde-Lega ticinese. E, diciamolo, anche un po’ patetico nel 2025. La dinamica è chiara da un pezzo, la colpa è sempre degli altri e l’autocritica risulta essere «sconosciuta», l’aggressività è la sintesi del mantra «padroni in casa nostra» e la moderazione viene sfoderata solo nella forma del vittimismo alla «Calimero». Ecco la Lega di oggi.
Il problema sulla questione dell’arrocco non è tanto di continuare a polemizzare, ma di trovare una via d’uscita. Più il tempo passa più le cose si complicano, perché in politica la forma è sostanza, e se toppi la prima variabile, la seconda risulterà irrimediabilmente compromessa. Sull’arrocco non si può andare avanti a giocare troppo a lungo, ne va della serietà del nostro Governo e della serenità operativa stessa. Se i cinque si confrontassero a viso aperto su idee e sostanza politica, non avremmo nulla da eccepire, ma questo Consiglio di Stato, sottoposto a semplice maquillage elettorale dal 2015 ad oggi, ha dimostrato di avere una costante: la capacità di lavorare assieme, senza fare filtrare informazioni sensibili o gossip. Si è quindi rivelato al suo interno di una serietà e lealtà sconosciuta fino al 2015. A livello pratico, è vero, ci si poteva attendere di più, ma i rapporti da scontro perenne tra Esecutivo e Legislativo sono il male profondo della politica cantonale. Prendiamo la parte piena del bicchiere e chiediamoci che senso ha fare crollare tutto per un, chiamiamolo pure «desiderio», legittimo ma malamente impostato, con partenza in autunno e che operativamente durerebbe un solo anno prima del via alla campagna elettorale? E che senso ha dare vita a un enorme scambio di dossier, premettendo però sin d’ora (come ha fatto Zali) che la circonvallazione Agno-Bioggio comunque rimarrebbe cosa sua? E a cosa serve alla Lega che i suoi consiglieri di Stato, cambiando sedia finiscano per stravolgere il lavoro (bene o male lo giudicheranno i posteri), fatto dal precedente inquilino? Suonerebbe come una roboante smentita del passato (ad esempio su temi come la Giustizia e l’ambiente). Il suggerimento lucido rivolto a Gobbi dal co-presidente del PS Fabrizio Sirica andrebbe seguito. Questo sì in questa concitata fase sarebbe nell’interesse del Ticino e dei ticinesi. Poi nel 2027, in campagna e dopo le elezioni, ci si confronti seriamente su un rimpasto, chissà, perché no, su una riforma dopo quella del Lago d’Orta del 1992. Così si andrebbe anche a dare un colpo al dipartimentalismo che è sì dettato dalle persone e dalla linea, come pure dal partito: il «culopietrismo partitico» la Lega lo ha messo in atto occupando dal 1995 il Territorio e comunque, intensamente, dal 2011 le Istituzioni. Sparlare degli avversari in politica è sempre un «must», ma ammettere di essere fondamentalmente uguali agli altri non viene mai spontaneo. L’invito pressante, serio e coscienzioso viene rivolto a tutti per fare cessare questa inutile e sterile perdita di tempo prezioso per chi in Ticino fa e non blatera a vanvera, deporre quell’orgoglio che funge da freno alla ricerca di soluzioni responsabili. Non resta che seguire saggi consigli, al Governo farli propri con una sintesi che sappia ridare ad ognuno dei cinque la voglia di proseguire il lavoro, in un clima positivo e propositivo. Tutto è nelle mani di quattro uomini e una donna. A loro sorprenderci e salvare tutto e tutti dalle sabbie mobili non solo istituzionali.