Il commento

I separati in casa e l'ottimismo di facciata

Dai conti cantonali del 2023, a quelli del 2024, osservando già l'anno che verrà – E intanto Governo e Parlamento...
Gianni Righinetti
12.04.2024 06:00

I conti del 2023 erano partiti con il piede sbagliato. Sulla spinta dell’immobilismo da campagna elettorale che tutto frena e tutto paralizza, perché quando si avvicina l’appuntamento con le urne la paura prende il sopravvento e il coraggio va in letargo. Non si può dire, non si può fare e non si può discutere. Oggi quel preventivo nato imbrigliato e con un disavanzo artificialmente contenuto entro la soglia degli 80 milioni di franchi si è consolidato in un consuntivo che presenta un deficit peggiore, 121,8 milioni. Ma alla fine non è così catastrofico come potrebbe apparire, perché poco dopo la presentazione della previsione governativa, era diventato ufficiale il mancato riversamento degli utili da parte della Banca nazionale svizzera. Un fatto in grado di fare sprofondare il deficit teorico a 216 milioni. Poi nel corso dell’anno in esame sono mancati anche i milioni delle imposte di circolazione in virtù della decisione popolare per la loro riduzione e lo Stato è stato chiamato a fare fronte a maggiori oneri alla voce sussidi di Cassa malati. Poteva essere un disastro: alla fine non si può dire che sia andata bene, ma con la tempesta perfetta descritta, poteva andare peggio. Nel corso del 2023 il Governo ha adottato misure di contenimento per 40 milioni e la tanto vituperata (da sinistra e compagni benpensanti) fiscalità ha regalato maggiori entrate per 69,4 milioni. Il tutto mentre la spesa per il personale è cresciuta come pure la spesa per ammortamenti. Ma attenzione a non lasciarsi andare a facili entusiasmi e a credere che, in qualche modo, ci siamo salvati. Le cose non stanno per nulla in questi termini anche se, per ora, il freno ai disavanzi è rispettato e non scatterà quell’antipatico meccanismo che ha il fine ultimo di fare pagare il conto dell’inefficienza di pochi a tutti i cittadini: vale a dire aumentando le imposte. Quello suonerebbe come il danno e la beffa. L’insegnamento che si può trarre è che stando fermi si rischia grosso e sarebbe buona cosa non giocare perennemente d’azzardo, mostrando sicumera e arroganza. I conti del 2023 non meritano ulteriori analisi, se non due indicatori che vanno sempre tenuti sotto osservazione: il debito pubblico si attesta poco al di sopra della soglia di 2,5 miliardi mentre il capitale proprio è pari a -177,5 milioni. C’è chi di tutto questo se ne frega, dimenticando che l’esplosione del debito è sempre alla base del baratro economico finanziario e contenerlo è una misura doverosa per i contribuenti del presente e di rispetto per quelli del futuro. Sembra elementare, ma nel Ticino del «voglio tutto, senza sacrificare nulla» non lo è affatto.

Lasciamo però da parte il 2023 e preoccupiamoci del 2024, dato che i conti usciti con le mancate decisioni del Gran Consiglio si riverbereranno sull’immediato futuro. Il tanto vituperato «decreto Morisoli», voluto, ricordiamolo, dal popolo, è carta straccia e il pareggio dei conti in vista del 2025 una chimera. Per crederci davvero occorre una passione sfrenata per la fantascienza e un ottimismo fuori dal comune. Bisogna davvero essere positivi oltre ogni limite umano per credere che i separati nella casa della politica (Governo e Parlamento) siano in grado di lavorare a braccetto, di concerto, condividendo diligentemente le misure da mettere in atto. Sarebbe già qualcosa di grandioso se a riuscire nell’impresa fossero i cinque che siedono nella stanza dei bottoni e i loro quattro partiti di riferimento. Le larghe intese esistono solo nella mente di chi si illude e si scioglieranno come neve al sole nei giorni caldi che ci attendono. Il Governo l’appello lo ha lanciato, e diversamente non poteva fare: ma chi lo seguirà impegnandosi a collaborare responsabilmente? Sinceramente appare ottimismo di facciata. Detto che al «decreto Morisoli» non crede più neppure chi lo ha promosso e sostenuto, come sarà possibile riequilibrare le finanze dando poi una minima continuità? Il Consiglio di Stato è dunque chiamato a una «mission impossible», nel contempo non si può arrendere e deve lavorare senza tregua preparando proposte e scenari. Perché, che aria tira davvero in Ticino, ce lo dirà il tris di votazioni (Fisco, Cassa pensioni e Cittadella della giustizia) del prossimo 9 giugno. L’estate, c’è da scommettere, sarà calda.