L'editoriale

Il capitale delle banche è la fiducia

Il 2022 è decisamente un anno da dimenticare per Credit Suisse, i suoi dipendenti e i suoi azionisti — Bisognerà avere pazienza prima di vedere il ritorno all’utile del gruppo
Generoso Chiaradonna
09.02.2023 18:29

Era prevista colossale e così è stata. Anzi, è andata peggio delle attese della vigilia: più di sette miliardi di franchi di perdita, la seconda più elevata nella storia dell’istituto bancario. Il 2022 è decisamente un anno da dimenticare per Credit Suisse, i suoi dipendenti e i suoi azionisti che segue quello precedente anch’esso chiusosi con una perdita miliardaria (1,6 miliardi). E anche per la collettività, visto che la banca per qualche anno quasi non pagherà imposte sull’utile in Svizzera. Ma questo è il minimo. Diciamo che è il prezzo da pagare per continuare a mantenere anche in futuro un settore finanziario che abbia, seppur sempre più flebile, ancora un legame con il territorio. L’origine di questo disastro è da ricercare, è bene ricordarlo ancora una volta, negli errori del management commessi nelle attività del gruppo a livello internazionale – in primis nell’investment banking - e non certo in quelle, più vicine alla vocazione dei classici banchieri svizzeri, svolte nel perimetro nazionale. L’unità di banca svizzera, a onore del vero, è sempre rimasta in zona utili anche nei momenti di maggiore burrasca. La solidità di capitale è importante a riprova che l’attività di gestione patrimoniale e di banca commerciale che risponde alle esigenze dell’economia svizzera sono corrette. Ma i capitali più importanti per una banca si chiamano reputazione e fiducia. Valori messi a rischio dagli scandali degli ultimi due anni: Greensill e Archegos su tutti. Ricostituire quel capitale è l’obiettivo da raggiungere per forza. A giudicare dai deflussi di capitale che ancora nel quarto trimestre sono ammontati a più di 110 miliardi di franchi, 86 dei quali nelle prime due settimane di ottobre, il percorso per riconquistarla è ancora lungo. La ristrutturazione, pesante dal punto di vista occupazionale, è però incominciata e si concluderà entro la fine del 2025. Verranno eliminati novemila posti di lavoro e cedute – almeno parzialmente – le mefitiche attività di investment banking. I costi saranno ingenti e si rifletteranno anche sui conti dei prossimi due anni. Bisognerà avere pazienza prima di vedere il ritorno all’utile del gruppo.