Il freno sfiorato e i bipartisan nostrani

Il Gran Consiglio ha fatto quello che meglio sa fare: arrivare sull’orlo del burrone, sporgersi quanto basta per guardare giù, chiudere gli occhi e poi tornare indietro dicendo che, tutto sommato, non c’era poi così tanto vento. Il Preventivo 2026 è passato senza troppi drammi e sceneggiate, ma grazie a una mossa tattica e ad alcuni scambi di favori. Ma mai come in questa occasione il freno ai disavanzi è stato sfiorato. Un termine scelto non a caso perché con soli 16.000 franchi in più, un’inezia rispetto al budget del Cantone, sarebbe scattato il meccanismo finalizzato all’aumento delle imposte. Per ora accontentiamoci di un sospiro di sollievo. Solido come una tregua sindacale o una promessa elettorale. Si potrebbe anche dire che il freno ai disavanzi non è stato compiutamente rispettato: è stato scientemente aggirato con la consueta abilità degli slalomisti parlamentari. Un po’ di contabilità di quella fondamentalmente creativa, qualche rinvio strategico di nodi che costringono il pettine ad un duro lavoro e la sensazione diffusa che il problema sia stato rimandato al prossimo giro. Del resto, in Ticino il presente diventa futuro ed è sempre un affare della legislatura che verrà. Quando martedì sera, al calar della notte, è arrivato l’avallo al documento d’indirizzo del Cantone per il prossimo anno, ottenuto grazie all’unione di PLR-Centro e all’astensione di PS-Verdi, dopo che questi ultimi hanno ottenuto l’annullamento del sacrificio alla voce «sussidi di cassa malati». Già, proprio loro. Ancora loro. L’impressione è che gli equilibri della Repubblica e Cantone Ticino siano legati a doppio filo alla politica del laccio del sussidio per scongiurare il dissanguamento dei cittadini di mese in mese.
Il Governo, seppur senza lanciarsi in scene di giubilo, ha apprezzato la soluzione del Parlamento finalizzata a salvare capra e cavoli per il 2026, parlando di «equilibrio responsabile». Ma non enfatizziamo, si tratta di una formula elegante per dire che si è fatto il minimo indispensabile per evitare il cartellino rosso della legge, senza però rinunciare a nulla di politicamente sensibile. Un equilibrio, sì, ma più simile a quello di un equilibrista senza rete che a una vera strategia finanziaria.
Abbiamo visto anche un Parlamento meno prolisso del solito, che ha chiuso in due giorni la pendenza, potendo ora vantarsi di aver mostrato «senso dello Stato». Peccato che lo Stato, quello vero, sia il contribuente che sconsolato guarda i numeri e si chiede quanto ancora potrà reggere prima che qualcuno decida di dirgli la verità: i soldi non bastano più.
Così, mentre il Parlamento anche con fare un po’ incestuoso, si congratula con sé stesso per aver evitato il disastro, all’orizzonte si stagliano minacciose le iniziative sulle casse malati. Quelle sì, autentico elefante nella stanza. Tutti le sbandierano come una conquista, ma nessuno osa davvero dire come realizzarle. Di certo non lo si potrà fare giochicchiando a promettere qualcosa, in cambio di qualcosa d’altro. Il messaggio di «vittoria» che pervade Palazzo delle Orsoline e si intravede nello sguardo disteso dei politici è da correggere con la realtà: oggi si galleggia, domani si vedrà. Ma il 2026 non è un anno qualunque. È l’anno prima delle elezioni con una politica che, iniziative di cassa malati a parte, ha già tirato i remi in barca. Abbiamo un preventivo che non convince fino in fondo nessuno, ma che molti hanno votato o agevolato con il loro voto d’astensione. Un classico bipartisan nostrano. Un documento che non risolve, non corregge, non riforma. Si limita a prendere tempo. E prendere tempo, quando si parla di conti pubblici, è spesso il modo più elegante per perderne il controllo.
Un plauso al Preventivo 2026 che è salvo, non perché sia in sé buono, ma perché nessuno ha avuto in fin dei conti il coraggio (o l’incoscienza) di bocciarlo. È il trionfo della politica che non cade, ma nemmeno cammina. Che resta in equilibrio per paura di muoversi. Ma chi si ferma, ben si sa, è perduto. Anche se la neve in montagna scarseggia, le iniziative sulle casse malati incombono come una valanga annunciata, ma la politica continua a discutere del colore degli sci. E quando la montagna crollerà, tutti diranno che non si poteva prevedere. In Ticino le cose vanno così: si evita il peggio, si rimanda il necessario, si celebra l’ordinario come fosse virtù. Ma la realtà, quella dei numeri, prima o poi presenta il conto. E non accetta emendamenti o astensioni tattiche.

