L'editoriale

Il topolino, l'elefante e la mossa velleitaria

Dalla mossa (della sinistra) che ha reso celebre il «decreto Morisoli» alla ri-mossa (della sinistra) che lo vorrebbe abbattere – Il Ticino è un Paese fantastico
Gianni Righinetti
09.04.2024 06:00

Quello che era un timido ed innocuo emendamento al Consuntivo 2020 del Cantone è diventato un autentico spauracchio per la politica ticinese. Era stata poco più di una mossa goliardica da parte dell’UDC Sergio Morisoli, ma ancora oggi genera paure e fantasmi. Al punto da risvegliare autentici fanatismi (in realtà mai sopiti). Sta di fatto che l’emendamento non reggeva dal profilo giuridico in quel contesto e così Morisoli, seduta stante, lo aveva trasformato in un’iniziativa ottenendo l’appoggio di Lega e PLR. L’obiettivo era altisonante: raggiungere il pareggio del conto economico dello Stato entro il 31 dicembre 2025 agendo prioritariamente sulle uscite e senza alcun aumento delle imposte. In realtà esiste già una norma di rango costituzionale, voluta dal popolo, sul freno ai disavanzi. La stessa impone di rientrare quando il deragliamento mette in pericolo la tenuta dei conti pubblici. Il cosiddetto «decreto Morisoli» era invero privo di contenuto, non applicabile a sé stante, una mossa declamatoria del fronte UDC-Lega-PLR che ha mandato letteralmente in tilt la sinistra. E, quando in politica si perde il lume della ragione, la frittata è presto fatta. Quell’innocuo topolino che il fronte contrario avrebbe potuto cancellare mostrando semplicemente un atteggiamento teso all’indifferenza, è stato trasformato dalla sinistra ricompattata e gasata in un elefante. Alla base di tutto c’era l’irrazionale paura che quei principi avrebbero dato il via a uno smantellamento, finendo per generare un cataclisma politico e sociale, svuotando lo Stato e lasciando molti ticinesi in braghe di tela. È così che la VPOD, il PS e altri compagni di cordata si sono lanciati nell’operazione harakiri di raccogliere le firme. E dire che erano sicuri di abbattere in votazione popolare Morisoli e la sua mostruosa creatura. Un atto presuntuoso, inutile e autolesionista. Il popolo, nella misura del 59,6% ha detto invece sì a Morisoli e ai suoi, ergendo quel decreto a bussola per il Ticino. Chi per mesi ha imprecato contro Morisoli e i suoi, dovrebbe semplicemente osservare la genesi e gli attori protagonisti della trasformazione del topolino in elefante.

Poi, ed è storia recente, è arrivato il Preventivo 2024, uscito dalla sala del Governo con misure di tagli robuste, contestato dalla piazza e fortemente ridimensionato con il colpo di spugna sulla misura tesa a ridurre gli esorbitanti sussidi di cassa malati e il contributo di solidarietà che si voleva applicare agli statali con reddito oltre i 60.000 franchi. Mentre, more solito, si attende il Tribunale federale per sapere se è corretto che due misure (taglio nel settore dell’asilo e non sostituzione del personale partente nella misura del 20%) non siano referendabili. Votare e rivotare sta diventando una moda e così, mentre il «decreto Morisoli» può essere considerato un prodotto «a breve scadenza» (terminerà di produrre i suoi tanto criticati e presunti effetti alla fine del 2025) ecco che una parte della sinistra si è lanciata nella raccolta delle firme di ciò su cui è già scritta la parola «fine». La VPOD, con lo scatenato segretario cantonale che imperversa e si agita in campagna per le Comunali, si è lanciata, ma non ha raccolto grandi adesioni. Il PS, memore dell’errore di quell’inutile referendum, ora afferma in maniera oregiattesca di «avere altre priorità». In primis l’abbattimento del pacchetto di sgravi fiscali in votazione popolare il prossimo 9 giugno. Per la sinistra si tratta di un’occasione storica: abbattere un tassello di quella politica che richiama alla memoria il fantasma politico di Marina Masoni, della quale Morisoli viene riconosciuto ancora oggi come il fedelissimo ispiratore e braccio destro. Peccato che nell’ideologia anti-sgravi si ometta sempre di ricordare la realtà dei fatti: la tenuta e la crescita del gettito e, di conseguenza, dei mezzi a disposizione dello Stato per sostenere i cittadini e il sistema-Paese.

Appare allora evidente che la raccolta delle firme contro il «decreto Morisoli» sia quanto di più inutile si potesse mettere in atto e c’è da prevedere, a meno che cambi qualche variabile oggi sconosciuta, che i cittadini non saranno neppure chiamati alle urne. I formulari per le sottoscrizioni che iniziano a girare appaiono come una minaccia al Governo nell’elaborazione del Preventivo 2025, uno slalom speciale dai paletti strettissimi. Una forma di pressione che si aggiunge a quella delle manifestazioni di piazza.

Constatiamo che l’obiettivo del 2024 non è stato raggiunto, il Consuntivo 2023 è atteso a breve, il riversamento della BNS rimane un’incognita, ma BancaStato (nonostante le critiche gratuite di qualche analista) grazie a un super 2023 verserà più soldi al Cantone. Intanto, ammettiamolo, il Ticino rimane un Paese fantastico, capace come pochi di trasformare topolini in elefanti. E poi, secondo il proverbio secondo cui «fare e disfare è sempre lavorare» ora si mira al processo inverso.