Lo spezzatino in barba alle larghe intese

Tutto sbagliato. Prendiamo a prestito la frase che pronuncia talvolta un collega in redazione quando ci si mette attorno a un tavolo per raddrizzare situazioni che hanno preso una brutta piega, adottando soluzioni attraverso uno spirito di mediazione e tanta collaborazione. Andando a muso duro su tutto, non si arriva da nessuna parte. Se osserviamo lo spezzatino di rapporti che arriveranno in Gran Consiglio a metà mese per discutere il Preventivo 2026, viene davvero da dire tutto sbagliato. Tutto, tranne un raggio di luce che si spera non sia fioco e freddo come quelli di dicembre, ma resista, superi l’inverno e diventi caldo e solido, capace di illuminare dall’alto - anche nella stagione buona - una politica che finora si è distinta soprattutto per delusioni e conflitti. Udite, udite, PLR e Centro hanno unito le forze firmando un rapporto condiviso sul Preventivo 2026. I due presidenti così lontani, i due uomini alfa, come abbiamo descritto più volte Alessandro Speziali e Fiorenzo Dadò, hanno sotterrato l’ascia di guerra e trovato un punto d’incontro. Solo il voto in aula ci dirà se i due partiti resteranno compatti senza sfilacciarsi, superando la tempesta di emozioni e tentazioni che arriverà dai poli: più tagli da destra e più entrate (o meno sacrifici) da sinistra. Mantenere la barra al centro nella politica di oggi è tanto difficile quanto indispensabile. Il coraggio delle decisioni non passa solo da posizioni radicali, ma anche dalla volontà di riformare con prudenza, senza eccessi, cercando di scongiurare uno dei mali profondi della politica contemporanea: i veti incrociati. La mossa di PLR e Centro, studiata senza troppo clamore e dichiarata al momento del voto in Commissione della gestione, merita un plauso. È una sorta di esame di riparazione, o di maturità, da parte di forze che sanno molto bene di avere sbagliato alla grande nella gestazione parlamentare delle due famose iniziative sulle casse malati. L’ego, da una parte e dall’altra, aveva impedito allora di pensare, negoziare e magari anche portare in votazione popolare, proposte mediate e meno scioccanti sul piano finanziario. Semplicemente di ragionare per compiere un passo sostenibile e non trovarsi nella situazione odierna: con una montagna di circa 450 milioni da scalare, senza l’equipaggiamento adeguato, perché reduci da difficoltà pregresse e mai affrontate davvero. Si potrà anche sminuire e sostenere che «qualcuno prima o poi ci penserà», ma il disavanzo all’orizzonte di 700 milioni non è fantasia, non è terrorismo finanziario: è una prospettiva che impone responsabilità. Ed è ciò che oggi (meglio tardi che mai, verrebbe da dire) PLR e Centro hanno finalmente fatto.
Poi, per carità, è vero che non rivoluzioneranno il preventivo, e che il deficit resterà attorno ai 100 milioni di franchi: ma ad inizio dicembre e superata ormai metà della legislatura, con all’orizzonte prossimo una campagna elettorale che si annuncia rovente, non possiamo di certo rimproverare chi decide di unire le forze. Semmai andrebbe chiesto a chi fugge per la tangente in ordine sparso, in solitaria, cosa pensi di ottenere. L’UDC spara senza giri di parole sulla coppia centrista, la Lega fa l’offesa e corre da sola e sbatte la porta in faccia ai propri due consiglieri di Stato: a destra l’aria resta pesante e la Lega non vuole mostrarsi collaborativa con PLR e Centro per numerose ragioni. Non da ultimo perché sotto assedio per i casi sul tavolo della politica, con una Commissione parlamentare d’inchiesta sull’operato di diversi esponenti di primo piano nell’affaire Hospita-Lega. In politica nulla accade per caso. La sinistra ha abdicato dalla responsabilità governativa ormai da tempo e ai verdi (smunti) non resta che aggrapparsi al treno rosso per non finire tra i dimenticati della politica. Lo spezzatino mette in evidenza l’egoismo che domina nell’attuale scenario della politica di concordanza nel nostro piccolo fazzoletto di terra ed è la dinamica migliore per condurre dritti dritti alla bocciatura del Preventivo 2026. La Legislatura è ormai andata, sia chiaro. E dire che nel 2023, dopo le elezioni, tra le forze politiche si faceva un gran bla-bla sulle larghe intese, sui patti da stringere per trovare una rotta comune sui dossier essenziali, come quello delle finanze. La debolezza del Governo in carica, ormai in balia di ogni venticello, non ha certamente aiutato. Ma il Parlamento e le forze che lo compongono sono la copia fedele della nullità, con l’aggravante dell’astiosità acida di chi deve sempre emergere, distinguersi e farsi notare. E ci riescono, eccome se ci riescono. Ma nessuno si esalti. Non è una medaglia da appuntarsi al petto. Anzi.

