L'editoriale

Ma adesso la passione non deve spegnersi

Secondo l’allenatore del Lugano Mattia Croci-Torti, l’ormai mitico Crus, c’è un filo diretto fra il voto dello scorso 28 novembre sul Polo sportivo e degli eventi e il trionfo di ieri l’altro nella finale di Berna
Paride Pelli
17.05.2022 06:00

«La verità? Tutto parte dalla votazione sul nuovo stadio». Secondo l’allenatore del Lugano Mattia Croci-Torti, l’ormai mitico Crus, c’è un filo diretto fra il voto dello scorso 28 novembre sul Polo sportivo e degli eventi e il trionfo di ieri l’altro nella finale di Berna, vittoria che ha permesso ai bianconeri di riportare a sud delle Alpi la Coppa Svizzera, assente da quasi trent’anni. Dopo la festa in Piazza della Riforma, Lugano si è risvegliata con la gioia negli occhi e una persistente fierezza nel cuore. E a ragione. In un momento storicamente complicato per tutti, un successo di questa portata non può che rappresentare una potente iniezione di fiducia per il mondo calcistico ticinese e per una città che sta iniziando solo ora, e facciamo gli scongiuri, a uscire da un periodo a dir poco travagliato.

Guardiamo ancora una volta le immagini dei festeggiamenti di domenica sera: non c’è nessun dubbio, questa vittoria è stata accolta come una vera e propria liberazione, come la rottura di un incantesimo che durava dal lontano 1993, dai tempi – gloriosi ma a dir poco ingialliti – del totem Mauro Galvao e di una formazione talmente forte da poterla snocciolare ancora oggi a memoria, nome dopo nome.

Ma torniamo al Crus e alla sua dichiarazione che sembra guardare indietro, a quel decisivo «sì» dei cittadini al nuovo ambizioso progetto sportivo, ma che in realtà punta lo sguardo dritto nel futuro, al nuovo stadio che dal 2025 darà un ulteriore decisivo slancio al club e alla squadra. Dopo il trionfo di domenica, infatti, il PSE si annuncia ancor più imprescindibile sia per la squadra – la cui nuova proprietà americana ha dimostrato di sapersi muovere con acume e pragmatismo, senza spese folli come si poteva immaginare o perfino temere – sia per la città e per il cantone, che ora diventano a pieno titolo, possiamo proprio dirlo, inaggirabili punti di riferimento per il futuro calcistico della Svizzera.

Questo significa che l’attenzione sarà puntata sul Ticino, sulla nostra capacità di valorizzare nel tempo il trionfo di domenica: non solo a livello sportivo, ma anche di pubblico, di infrastrutture e di comunicazione. Da questo punto di vista, una delle sfide più grandi per il Football Club Lugano sarà quella di mantenere viva la eco del successo di Berna, coinvolgere i suoi (troppo spesso) tiepidi tifosi e stabilire con loro un rapporto cha vada oltre le rarissime finali o le poche partite di cartello. I diecimila di Berna (numero che lievita se si aggiungono coloro che hanno seguito la partita davanti al maxischermo in centro e che a tarda sera hanno accolto i giocatori come eroi) rappresentano un capitale preziosissimo, che non va in nessun caso sprecato: ognuno di loro, dal più giovane al più anziano, dovrà essere al centro dei pensieri del club, che su questo bacino dovrà costruire il suo futuro, facendo in modo che tutte le partite giocate tra le mura amiche diventino una sorta di evento immancabile, di appuntamento con la tradizione. Un po’ come accade in alcuni stadi oltre San Gottardo.

Che quello bianconero sia un tifoso propenso a muoversi unicamente per salire sul carro dei vincitori è, ahinoi, un dato di fatto (lo dimostrano in modo inequivocabile i numeri delle affluenze a Cornaredo negli ultimi anni, impietosi se confrontati all’esodo di domenica), ma questo potenziale appassionato va, appunto, coinvolto. Occorrerà molta bravura, molto sentimento, ma è una sfida come quella contro il San Gallo: difficile sulla carta, ma non impossibile da vincere. E tale processo dovrà essere bidirezionale, ossia una sorta di avvicinamento reciproco dopo l’ubriacatura di due giorni fa: una prima conoscenza destinata a far nascere un amore duraturo, ora che la scintilla è definitivamente scattata.

Ça va sans dire che - in questa che non resterà solo l’avventura di uno splendido fine settimana di maggio - il nuovo impianto ultramoderno con una capienza da diecimila posti diventerà un richiamo al quale perfino i tifosi più esigenti o più pigri non sapranno resistere. E sappiamo bene quanto l’entusiasmo possa generare ulteriore entusiasmo. Se queste premesse verranno sfruttate appieno, non sarà necessario aspettare altri trent’anni per esultare di nuovo e alzare una Coppa fiammante verso il cielo.

In questo articolo: