L'editoriale

Molinari, se la legge non è uguale per tutti

Quella di Capo San Martino è la settima occupazione in tre anni: il tema può essere «non rilevante» sotto l’aspetto politico, ma le istituzioni devono anche assicurare, nei limiti del possibile, che la legge sia rispettata
Paride Pelli
15.01.2024 06:00

Si sta tornando a discutere – e non se ne sentiva certo la mancanza – di autogestione e di molinari. Il battibecco, perché tale è rimasto negli anni, è ripartito la sera di Natale, quando alcuni simpatizzanti dell’ex centro sociale il Molino di Lugano hanno occupato, abusivamente, come nel loro stile, l’ex discoteca di Capo San Martino, uno dei luoghi più suggestivi del Ticino. L’idea era, stando alle loro dichiarazioni, di «riappropriarsi del tempo delle feste e dell’ennesimo luogo abbandonato», ma ancora non si capisce chi avrebbe sottratto loro il «tempo delle feste», tanto da doversene «riappropriare», né per quale ragionamento logico e giuridico i molinari riescano sempre a definire «abbandonato» un luogo che rientra a pieno titolo nella proprietà privata di qualcuno, il quale può disporne come meglio crede.

Certo anche noi vorremmo che Capo San Martino tornasse a splendere, ad attirare residenti e turisti e a offrire loro un panorama mozzafiato. Sarebbe il segnale, che molti aspettano, di un Ticino e di un distretto luganese lanciato nel futuro e nell’internazionalità. Speriamo si entri quanto prima in una prospettiva simile. Ma torniamo, controvoglia, ai molinari. L’occupazione è andata avanti fino alla mattina successiva. Dopo la denuncia dei proprietari e la richiesta di sgombero, gli autogestiti, che avrebbero voluto restare per altri cinque giorni, se ne sono andati senza contrasti con le forze dell’ordine, lasciandosi comunque dietro i soliti detriti materiali e «culturali»: tutti i locali sono stati vandalizzati, ovunque si sono trovate bottiglie e lattine vuote, spazzatura di ogni tipo, graffiti e scritte sul genere «il Molino vive». Scontate, nei giorni successivi, le reazioni della politica, che ha parlato per l’ennesima volta di atti di forza e di illegalità che non vanno bene, e dei molinari, che hanno replicato ai municipali di avere «il degrado nei cervelli». Sembrerebbe un dialogo tra sordi e per alcuni aspetti lo è. Dopo lo sgombero dell’ex Macello tre anni fa, causa edificio pericolante, siamo di fatto ancora qui a parlare di occupazioni vandaliche che non portano niente di niente al nostro territorio, se non un po’ di gazzarra mediatica e, dagli ex molinari, qualche pensierino su vaghe «attività culturali» che sarebbero messe in atto qualora il Municipio si prendesse la briga di trovare e assegnare loro - gratuitamente, ça va sans dire - un grande spazio ricreativo.

Già, il Municipio. Su queste colonne, nell’intervista bilancio di fine anno, il sindaco Michele Foletti ha definito un «vandalismo alternativo» l’occupazione temporanea dell’ex discoteca, ha chiesto il rispetto delle regole affinché il Consiglio comunale dia il consenso a una soluzione (ad esempio all’ipotesi vecchio depuratore) e ha concluso che l’autogestione non è un tema rilevante per la politica di Lugano. Altri gli hanno fatto eco, ribadendo che i molinari non sono una questione politica, ma al massimo di ordine pubblico. Ci troviamo sostanzialmente d’accordo con queste affermazioni, ma allora alcune domande sorgono spontanee: se è in primis una questione di ordine pubblico, e di fatto lo è, che misure sono state messe in atto per tenerla sotto controllo? Sono stati aperti dei fascicoli? Sono state avviate delle indagini dopo le denunce a seguito dei danni provocati? Sono state spiccate delle condanne? È stata approntata quantomeno una sporadica sorveglianza sul territorio per evitare il ripetersi di questi gravi oltraggi alla proprietà privata? Quella di Capo San Martino è la settima occupazione in tre anni. Tra qualche mese saremo qui a parlare dell’ottava. Il tema può anche essere «non rilevante» sotto l’aspetto politico, ma le istituzioni devono assicurare, nei limiti del possibile, che la legge sia uguale per tutti e che tutti, senza incomprensibili eccezioni, la rispettino.

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