L'editoriale

Ora Londra si sente più legata all’UE

Con Trump alla Casa Bianca e le sue incomprensibili politiche ondivaghe, il Governo di Londra ha pensato bene di puntare anche sull’Unione Europea per sviluppare le sue strategie future
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Osvaldo Migotto
21.05.2025 06:00

La «special relationship» tra Washington e Londra è stata messa a dura prova dal ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump. Dopo le tensioni iniziali tra i due storici alleati, originate dagli insulti lanciati da Elon Musk contro il premier britannico Starmer e dai nuovi dazi americani sulle importazioni in arrivo da numerosi Paesi, Regno Unito compreso, l’incontro alla Casa Bianca dello scorso febbraio tra il leader britannico e The Donald ha riavvicinato i due Governi. Ma con Trump alla Casa Bianca e le sue incomprensibili politiche ondivaghe, il Governo di Londra ha pensato bene di puntare anche sull’UE per sviluppare le sue strategie future.

Dunque non sorprende più di quel tanto l’intesa siglata lunedì a Londra tra l’Esecutivo di Sua Maestà e i più alti esponenti del Club di Bruxelles. Trump, che di fatto ha scaricato in buona parte sui Paesi europei la difesa di Kiev (nel colloquio di martedì con Putin il tycoon ha di fatto dato carta bianca ai russi nel proseguimento dell’invasione dell’Ucraina), sembra non credere più in un fronte occidentale compatto pronto a difendersi in modo solidale di fronte a minacce esterne. Lo ha capito anche il premier britannico Starmer, che sottoscrivendo l’importante accordo di partnership strategica con l’Unione europea ha gettato le basi per una proficua collaborazione in diversi settori. Primo fra tutti quello militare, vista la guerra ad oltranza lanciata da Putin contro l’Ucraina, ma poi anche nel settore commerciale e in quello energetico, nell’ambito della mobilità dei giovani e in quello della circolazione delle merci tra le due sponde della Manica, che ora sarà agevolata.

Nulla a che vedere con l’abolizione della Brexit, come alcuni sognano ancora nel Regno Unito, ma si vorrebbe piuttosto porre rimedio ai danni che la separazione dai Ventisette ha causato all’economia britannica. Danni in termini di mancati introiti per l’economia del Regno Unito che lo scorso febbraio l’Ufficio per la responsabilità di bilancio, l’ente pubblico finanziato dal Tesoro britannico, ha presentato con dovizia di numeri. Senza Brexit (entrata in vigore 5 anni fa dopo il referendum del 2016) il PIL della Gran Bretagna sarebbe stato superiore del 4%. Non poca cosa dato che, come ha sottolineato un editorialista del quotidiano «Guardian», ogni punto percentuale vale 25,6 miliardi di sterline. Stando all’analisi presentata dall’Ufficio britannico per la responsabilità di bilancio, l’uscita dal mercato unico avrà ripercussioni negative sull’economia britannica anche nel lungo periodo, penalizzando sia le esportazioni, sia le importazioni. Ciò non può che aver accelerato i passi del Governo Starmer sulla via di una più stretta collaborazione con il Club di Bruxelles in diversi settori chiave. L’UE dal canto suo, sempre più messa in difficoltà dall’avanzare, in diversi Paesi membri, di formazioni politiche nazionalpopuliste ostili al processo d’integrazione, non può che rallegrarsi del nuovo corso intrapreso da Londra. Non da ultimo anche la minaccia Putin e l’inaffidabilità di Trump hanno sicuramente facilitato il riavvicinamento tra il Regno Unito e i Ventisette.

Ora il premier britannico si attende rapidi miglioramenti dell’economia britannica grazie alla più stretta collaborazione con i Paesi dell’Unione europea. Il tempo stringe, visto che i recenti sondaggi, negativi tanto per i laburisti quanto per i conservatori, sottolineano il ritorno sulla cresta dell’onda dell’antieuropeista Nigel Farage, secondo il quale il nuovo accordo con Bruxelles «sarà la fine dell’industria della pesca». Farage omette però di ricordare che i pescatori britannici apportano solo lo 0,03% al PIL britannico. L’economia del Regno Unito ha bisogno di ben altro per tornare a correre.