L'editoriale

Per non perdere il treno del futuro

La domanda è diventata oramai ciclica e non è un bel segnale: il nostro Ticino è un cantone politicamente aperto al futuro, entusiasta di impegnarsi in nuovi progetti, oppure è tendenzialmente favorevole, nel bene come nel male, allo statu quo?
Paride Pelli
19.12.2025 06:00

La domanda è diventata oramai ciclica e non è un bel segnale: il nostro Ticino è un cantone politicamente aperto al futuro, entusiasta di impegnarsi in nuovi progetti, oppure è tendenzialmente favorevole, nel bene come nel male, allo statu quo? Ad ogni nuova pianificazione per una grande opera, dal LAC al Polo sportivo e degli eventi di Lugano, fino al tram-treno di cui molto si è discusso negli ultimi giorni, la domanda sorge ogni volta puntuale e spontanea, in un panorama generale dove la politica anziché propendere per il fare - comunque controllato e responsabile, ça va sans dire - spesso preferisce discutere se non cavillare fino ai limiti del consentito. Poi, alla fine, quasi sempre si sceglie saggiamente per il futuro, ma con una difficoltà che potrebbe essere evitata, anche per dare alla popolazione un buon esempio di unità nelle sfide davvero necessarie e importanti. La questione del tram-treno è rappresentativa. L’ultimo motivo del contendere è stata la necessità di verificare eventuali problemi di capienza, dato il forte aumento dei passeggeri. Nulla di trascendentale. Le stesse FLP hanno parlato di «casi singoli di carico molto elevato» e il dipartimento del Territorio ha fornito rassicurazioni a proposito e fornito persino alcune possibili soluzioni (lavorare sulla distribuzione dell’utenza, sugli utenti flessibili e perfino, azzardato, sull’inizio degli orari scolastici). Eppure, per un momento, è sembrato che questo dubbio di natura tecnica e non sostanziale potesse arrivare a pesare sull’intero progetto, rimandandolo ancora nel tempo. Ieri, poi, si è votato in Gran Consiglio il rapporto favorevole al credito di 87,3 milioni franchi per il sorpasso di spesa nella realizzazione dell’opera ferroviaria. Un sorpasso reso necessario da numerose migliorie al progetto, che ha avuto comprensibilmente parecchi aggiornamenti (e ne avrà ancora). L’esito del voto è stato positivo ma la discussione ha avuto momenti accesi, quasi non si trattasse di varare – finalmente – un’opera fondamentale per i cittadini e strategica per alleviare il problema del traffico nel Sottoceneri, ma fosse solo un’occasione di propaganda e di scontro politico.

Parlando chiaro, l’UDC avrebbe voluto rispedire il rapporto della Gestione alla Commissione, allungando i tempi. Avrebbe voluto anche sottoporre il credito al referendum finanziario obbligatorio («È l’unico modo di rendere partecipi i cittadini di una grossissima spesa che li riguarda») ma la richiesta è stata respinta. Serviva il sì di 25 deputati e non c’è stato. Per fortuna, ci permettiamo di aggiungere. Il referendum, di portata cantonale, avrebbe creato ulteriori rallentamenti e divisioni politiche su un’opera strutturale urgente e di grossa portata che interesserà il Basso Vedeggio, il Malcantone e il centro di Lugano. Certamente, si tratta di soldi pubblici. Prudenza e responsabilità si impongono e vanno mantenute fino a quando non sarà realizzato l’ultimo metro del tram-treno, e anche dopo. Ma sul piatto ci sono garanzie e controlli elevati e aiuti federali del tutto inediti nella storia dei rapporti tra Berna e il Ticino: su una spesa di 765 milioni di franchi, la Confederazione ne metterà 504, per un’opera, di fatto, storica, che dovrà togliere migliaia di auto dalle nostre strade. Un’infrastruttura che doveva essere varata anni fa, quando la situazione del traffico era già molto difficile (oggi non ci sono più parole per definirla). Che si sia voluto fare una battaglia politica, se non addirittura di poltrone, su una questione così rilevante per tutti i cittadini, non è stato un buon momento parlamentare. Se ci sono ancora alcune problematiche tecniche da risolvere, le si sistemerà strada facendo. Ma era necessario che il tram-treno partisse, per non perdere quell’altro treno: quello per il futuro.