L'editoriale

Quei morosi che dividono Comuni e Cantone

Di fatto, è capitato di rado nella storia del Ticino che non pochi Comuni grandi e piccoli si siano schierati apertamente contro una legge cantonale, rifiutandosi di applicarla
Paride Pelli
02.03.2024 06:00

Con una nuova procedura introdotta a ottobre scorso, il Consiglio di Stato obbliga i Comuni a denunciare al Ministero pubblico tutti quei morosi di cassa malati che non hanno dato seguito alla convocazione delle autorità, evitando di chiarire le proprie ragioni per il mancato pagamento dei premi e facendo sostanzialmente finta di nulla. La nuova legge ha provocato subito reazioni negative in alcuni Enti locali, che hanno deciso di non applicarla, sia perché comporta un aumento generale della burocrazia (e non se ne sentiva il bisogno, ça va sans dire) sia perché, ed è il motivo più importante, rende molto più problematico il rapporto fra il cittadino e il suo Comune, un rapporto che in Svizzera è quasi il fondamento della pace sociale. I Comuni che hanno deciso di disattendere la procedura non sono solo quelli piccoli, «dove ci si conosce tutti». Anche Lugano (dove il numero di casi di morosità ha raggiunto i 300 al mese), Chiasso, Mendrisio e Locarno stanno facendo resistenza, chi chiedendo di ripensare la legge, chi sostenendo che la procedura già esistente (convocazione con una lettera, consulenza, rapporto all’Istituto delle assicurazioni sociali) era più che sufficiente. Bellinzona ha scelto una via di mezzo: separare quelli che non possono pagare, per motivi accertati o accertabili, da quelli che non vogliono pagare, pur avendo i mezzi per farlo. I primi vanno sostenuti, per i secondi ci sarà molto meno comprensione. A nostro parere è una posizione del tutto condivisibile, anche se faticosa dal punto di vista delle indagini amministrative. Ma il caso sta diventando anche politico. Negli ultimi giorni l’UDC ha chiesto chiarimenti al Governo, attraverso una interpellanza, chiedendo una presa di posizione da parte del Consiglio di Stato e i necessari correttivi nella procedura.

Di fatto, è capitato di rado nella storia del Ticino che non pochi Comuni grandi e piccoli si siano schierati apertamente contro una legge cantonale, rifiutandosi di applicarla. Questo è certamente un segnale che il nuovo articolo 38a del Regolamento della legge di applicazione della LAMal è stato pensato forse un po’ troppo precipitosamente, senza valutare con attenzione tutte le ripercussioni. Obbligare i Comuni «a fare la spia» e a denunciare un proprio cittadino significa di fatto intervenire, e in peggio, in un tessuto di rapporti molto delicato e in un momento dove il notevole rincaro del costo della vita, percepito da tutti o quasi, imporrebbe una sensibilità di azione più fedele alla tradizione elvetica, che non è mai stata divisiva socialmente fino a questo punto. Sia chiaro, nessuno vuole giustificare né proteggere i morosi volontari. Questi devono essere perseguiti e con velocità, anche perché quando ciò non avviene, il debito nelle casse pubbliche si allarga e siamo noi tutti a pagare per loro. Tuttavia, a nostro avviso, si poteva trovare una soluzione differente, più mirata. Queste soluzioni lineari, in tempi di crescita inarrestabile e spropositata dei premi di cassa malati, di cui ogni anno il Governo si dice «costernato» senza mettere sul tavolo provvedimenti decisivi, ci paiono, talvolta, controproducenti. Bene recuperare i fondi dove si può e dove si deve, ma ricordandosi di proteggere anche la convivenza civile e che la maggioranza è onesta e paga, o cerca di farlo in buona fede. 

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