Fatti Nostri

Quando uno stipendio non basta più

In un Paese ricco come la Svizzera c'è chi non vive, sopravvive – Secondo voi viviamo già in una società a due velocità? Le vostre risposte...
Prisca Dindo
10.05.2023 00:01

Si chiama Dolores, ha 52 anni, vive in Svizzera francese ed è mamma di un ragazzo che ha appena compiuto i 18 anni. Di recente Dolores ha confidato ai colleghi della televisione romanda di fare quotidianamente salti mortali per sbarcare il lunario. Lavorando all’80%, guadagna al netto 3115 franchi al mese. Dedotti i costi della cassa malati, dell’affitto e dell’auto, le rimangono nel portamonete 820 franchi: dovranno essere sufficienti per vestirsi, mangiare ed uscire. Per lei e per suo figlio. La comparsa di una comune carie oppure l’acquisto imprevisto di libri necessari per gli studi e i conti non tornano più. Per lei i sacrifici sono quotidiani. In un paese ricco come il nostro sembra impossibile: eppure di Dolores che faticano ad arrivare alla fine del mese ce ne sono molte più di quelle che pensiamo. Persone per le quali uno stipendio - a volte anche due - non è più sufficiente per mantenere una famiglia. Stando ai dati diffusi nelle scorse settimane dall’Ufficio federale di statistica, in Svizzera l’indice dei salari nel 2022 è cresciuto mediamente dello 0,9%, a fronte di un rincaro del 2,8%. La povertà in termini di reddito è aumentata nel nostro Paese. Nel 2021 le persone costrette a tirare avanti nelle ristrettezze erano 745’000, lo 0,2 % in più rispetto all’anno precedente. Molti non vivono, sopravvivono tirando la cinghia. Proprio come Dolores. Oltre ai salti mortali per stare a galla, chi fatica deve far fronte ai pregiudizi. Lo dice uno studio di ATD Quarto Mondo. Secondo l’organizzazione non governativa che collabora con la Confederazione, la povertà nel nostro Paese è giudicata e vissuta come una colpa. Una mancanza di riconoscimento sociale che scoraggia molte persone che si ritrovano in grosse difficoltà. Chi ha bisogno di aiuto dallo Stato ha vergogna - o paura - di chiedere. Perciò stringe i denti e tira avanti senza l’assistenza sociale, percepita da molti come una carità piuttosto che un diritto. «La povertà viene troppo spesso ridotta alla mancanza di reddito e all’incapacità di pagare le bollette, in realtà influisce pesantemente anche sulla vita sociale e culturale di una persona, provocando una crescente emarginazione» sostengono gli specialisti dell’organizzazione non governativa.Vivere con il minimo vitale significa rinunciare a cene, pranzi o bicchierate, perché per seguire gli amici bisogna tirar fuori il portamonete. Più si fa economia e più ci si isola. In queste condizioni, è difficile contrastare la caduta verso il basso della scala sociale.Le statistiche dicono che un ticinese su quattro vive con un reddito a rischio. «Negli ultimi mesi abbiamo visto crescere le richieste di aiuto da parte di famiglie e persone singole», ha dichiarato di recente al nostro giornale Marco Chiesa, presidente del Soccorso d’Inverno, l’associazione che si propone di arginare le conseguenze della povertà in Ticino. «Gli effetti della pandemia continuano a gravare sui ticinesi. L’esplosione dei prezzi legata all’inflazione ha ulteriormente aggravato la situazione», ha aggiunto il presidente. In tre anni le richieste di aiuto all’associazione sono più che raddoppiate. Dalle quattrocento del 2019 sono passate alle novecentotrentacinque del 2022. Una tendenza che si conferma anche in questi primi mesi del 2023. A bussare alle porte di enti ed associazioni sono persone sole che hanno perso il lavoro o che hanno subito una riduzione del reddito, come pure anziani costretti a campare soltanto con l’Avs e nuclei monoparentali. Il modello della famiglia tradizionale è da tempo in crisi: quando i genitori non vivono più sotto lo stesso tetto, redditi e patrimoni si dimezzano. Non le spese, che per contro si moltiplicano. «Chi è nel bisogno e non è in grado di provvedere a sé stesso ha diritto d’essere aiutato e assistito e di ricevere i mezzi indispensabili per un’esistenza dignitosa», recita l’articolo 12 della Costituzione. Mercoledì scorso vi abbiamo chiesto se, secondo voi, oggi siamo ancora in grado di ossequiare ciò che prevede la Carta Fondamentale, oppure se viviamo già in una società a due velocità.

Ci sono giunte molte riflessioni: ticinesi disperati, famiglie costrette ad attendere il giorno della raccolta degli ingombranti per regalare qualcosa alle loro figlie. Ma anche imprenditori confrontati con le regole del mercato. «Aumenteremmo volentieri gli stipendi dei nostri dipendenti, ma poi chi ci compra i nostri prodotti», ci ha confidato uno di loro. Testimonianze importanti, che avremmo condiviso volentieri con voi, ma che non pubblichiamo perché gli autori ci hanno chiesto l’anonimato. Vivere in povertà é davvero uno stigma. Qui sotto, soltanto le risposte firmate, così come prevede la linea editoriale del nostro giornale. Buona lettura!

SE RINUNCIASSERO ALL'ULTIMO IPHONE...

Verissimo che molti faticano! Si dovrebbero però appurare le spese che vengono fatte dalle famiglie . Nessuno rinuncia più a niente ! Tutti vogliono l’auto ok , le vacanze , l’ultimo iPhone , il ristorante , … È chiaro che la vita costa ! Se ho una buona professione e so amministrarmi , i problemi sono pochi . Se non ho studiato ( anche per pigrizia ! ) non posso pretendere una grande paga . E allora … Spendiamo e viviamo secondo le nostre possibilità. O è sempre lo Stato che deve tappare i buchi !!!

Mario Calanca

UN SENTIERO PERICOLOSO

Siamo e  restiamo uno dei migliori paesi dal lato sociale, in modo disuguale.Vediamo: abbiamo persone che arrivano dal terzo mondo, non è certo colpa loro, che ricevono tutti gli aiuti necessari ,e plus. Come il buono, il brutto,e il cattivo. Altre misure persone autoctone che hanno dato al paese  benessere lavorativo per cinquant’anni, ricevono quel minimo vitale. Ecco pesi e misure, persone in attività  dipendenti, si vedono il salario bloccato con i continui aumenti costo vita. Ma chi deve intervenire? Lo Stato o le potenze economiche...Insomma siamo su sentiero pericoloso, pieno di  ostacoli.

Graziano Falco

 L' IMPATTO DI CIÒ CHE STA SUCCEDENDO NEL MONDO 

La cassa malati è sempre in aumento, l’affitto idem. Questa storia è sempre più comune. Alcune persone vivono con lo stesso stipendio di anni fa. Per molti altri, la crescita dei salari è ancora inferiore all'inflazione. Dobbiamo poi prendere in considerazione gli eventi globali dal 2020, con il loro impatto negativo. Non è questo il luogo per entrare in un dibattito su una guerra apparentemente insensata, ma mentre miliardi vengono convogliati in una nuova corsa agli armamenti, nessuno parla di trovare un accordo di pace, mentre la soglia di povertà continua ad aumentare.

Christopher Farley

Una lettrice del nostro giornale che vuole rimanere nell’anonimato (una delle tante) ci ha raccontato la sua storia. «Sono un'altra Dolores» scrive la donna che abita in Svizzera tedesca. «Lavoro al 60% più qualche ora extra, vivo con 2 figli di 16 e 15 anni e guadagno meno di 2500 franchi netti al mese».  Dice di aver cercato un impiego a tempo pieno  ma inutilmente: finora le avrebbero offerto soltanto  lavori part time con paga oraria.  «Anche per fare le pulizie  mi hanno  chiesto qualifiche, quando poi scoprivano la mia età – ho 52 anni – mi rispondevano che ormai ero vecchia».  La lettrice punta il dito contro la politica, alla quale «sta molto a cuore il tema dell’ambiente ma che non fa nulla per controllare l’impennata dei costi del gas e dell’energia elettrica». Il breve racconto della donna si conclude con una riflessione amara: «Dolores stringe la cinghia...Certo!  In più a Dolores  tremano le mani quando apre la casetta della posta perché sa che ci sono fatture da pagare ed ogni mese deve rinunciare o rimandare qualcosa! Dolores c'è, vive, respira, ma è invisibile».

MONDI DIVERSI

Viviamo da sempre in un mondo con differenze sociali enormi che sono un’opportunità per pochi, infatti lo sfruttamento del bisogno è forse la cosa più redditizia che esista. Non a caso da sempre si investe per acuire le conseguenze e mai per evitare le cause. Insomma siamo su una barca che affonda perché piena di buchi, ma ci affanniamo a ubbidire a chi ci fa togliere l’acqua al posto di usarli per tappare i buchi. Tuttavia preoccuparci per i nostri figli, non serve a nulla. Servirebbe invece, votare e eleggere non cosa e chi ci ha ridotto così, ma le brave persone che sanno riconoscere le priorità e diano l’esempio. Insomma persone che governino non per farsi eleggere, ma per il bene della società. Così magari cominceremo nuovamente a condividere, importante e esportare le qualità e non i difetti.

Andrea Genola

 

 

 

 

 

 

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