La posta di carlo silini

La manomissione delle parole sui giornali

© CdT/ Chiara Zocchetti
Carlo Silini
05.03.2021 06:00

Ogni volta che, sfogliando i giornali ticinesi, incappo nella pagina titolata in rosso «Spazio libero», con sottotitolo «Se sei un cercatore della verità è necessario che almeno una volta nella tua vita dubiti, per quanto possibile, di tutte le cose», mi coglie la stessa irritazione di quando ho la percezione di un tentativo di manipolazione. Perché il percorso di avvicinamento alla verità attraverso la facoltà di dubitare è posto quale epigrafe di una pagina acquistata sui giornali? Si invita a diffidare delle notizie veicolate da questi, scritti da professionisti, a vantaggio di ciò che è offerto su una pagina pagata da privati cittadini? Ma uno spazio acquistato può davvero essere considerato libero? Tecnicamente si tratta piuttosto di una pubblicità, anche se i prodotti in vendita sono opinioni: la finalità di chi ne gestisce i contenuti non è ‘informare’ ma asserire senza contraddittorio, al contrario di quanto avviene in rubriche come «L’opinione di». Dunque si invita a dubitare solo dei contenuti espressi nel giornale, mentre l’autoproclamato ‘Spazio libero’ presume di detenere la verità. Come non pensare al libricino di Carofiglio La manomissione delle parole, che mostra come nel gioco politico sia costante la manipolazione delle parole a vantaggio della propria supposta verità?

Mila Contestabile, Gravesano

La risposta

Cara Mila Contestabile, leggere una frase di Décartes, ovunque appaia (in un libro, su un quotidiano o sul muro di una metropolitana) è sempre intrigante. Poi, come ogni citazione dotta, c’è sempre il rischio di tirarla un po’ troppo per la giacchetta dimenticando che è nata in un contesto storico e filosofico molto distante da quello attuale. Devo dire che non l’avevo percepita come una sfida al giornale, quasi dicesse: qui troverete la verità, sul giornale solo falsità. Afferma, mi pare, che occorre dubitare di tutte le cose. Perciò, a rigore, anche di quella pagina. Non le ho attribuito una valenza avversativa, ma esclusivamente autopromozionale. Veniamo, quindi, al cuore del problema. «Spazio libero» è quello che in gergo si definisce un contenuto a pagamento o «pubbliredazionale», come indicato molto chiaramente nella scritta a destra in alto di quella pagina. Significa che, effettivamente, i contenuti di quello spazio di giornale vengono pagati da terzi, come la pubblicità di un’automobile o di un supermercato. A volte il lettore non se ne rende conto. Anche se la grafica è diversa da quella delle altre pagine, c’è il rischio che la si confonda con gli articoli del giornale, anche se si tratta di due prodotti editoriali di natura completamente diversa. Gli articoli fanno informazione, i «pubbliredazionali» promozione a pagamento. Il vero problema sarebbe l’assenza di indicazioni chiare che consentano di distinguere le due cose. Quando ad esempio, si spacciano per notizie delle pubblicità camuffate. Lì sì che c’è una gravissima manomissione delle parole. In casi simili è auspicabile l’intervento del Consiglio svizzero della Stampa.