La posta di Carlo Silini

Destra e sinistra nell’epoca della «cliccocrazia»

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Carlo Silini
30.03.2022 08:09

Buongiorno Signor Silini. L’Avv. Tito Tettamanti con un brillante articolo, pubblicato giovedì 20 gennaio sotto la rubrica «Spazio libero» dal Corriere del Ticino e da laRegione, «motiva le sue tesi» riguardo al titolo «La sinistra ha vinto». Cito: «Ciò che i commentatori non considerano, soprattutto, è la presenza dominante della sinistra progressista nel dibattito politico culturale. (...) L’attuale dominio del dibattito da parte della sinistra-progressista è innegabile ed esercita in generale una grande influenza sulla società contemporanea». Riflessione finale: «È ora che i partiti “borghesi” si riprendano dalla confusione ideologica riconoscendo quali sono le tesi contro le quali battersi». Su un quotidiano di prestigio leggevo che la destra, anziché rimanere arroccata su posizioni difensive, dovrebbe fare un salto culturale. Il confronto tra destra e sinistra è essenziale per la democrazia occidentale. E a proposito di ideologie: non si davano per morte?

Abbondio Adobati

La risposta

Caro Abbondio Adobati, da decenni sento ripetere il mantra - ma attenzione: da destra! - che la sinistra ha assunto l’egemonia nel dibattito culturale. Da sinistra sento invece dire che la destra sta imponendo alla società il primato degli interessi economici di pochi sul «bene comune » di tutti. Mi dica lei chi ha ragione. È vero che la sinistra ha investito molto nella cultura e nella scuola, mentre la destra ha preferito concentrarsi sul mondo degli affari e dell’economia. Sinistra e destra sono quindi «sovrarappresentate» nei rispettivi ambiti di interesse.

Solo che per ragioni psicologiche e/o strategiche ognuno tende ad attribuire al campo avverso uno spazio pubblico non proporzionato alle sue reali dimensioni. E ritiene squilibrata e/o troppo massiccia la presenza nella società di idee che non condivide. Il «nemico» ha sempre troppa visibilità e troppo spazio. Destra, centro e sinistra esistono ancora, ma a me pare che non dettino più le visioni ideali dei popoli.

Sono diventati orientamenti dell’anima, opzioni individuali a favore di una maggiore eguaglianza sociale (sinistra), di una diseguaglianza necessaria perché sarebbe l’esito della competizione sociale ed economica (destra), o di una terza via in equilibrio tra socialità e competizione (centro). Ho il ragionevole dubbio che l’intellighenzia di sinistra o i think tank di centro o di destra non dominino più da tempo la scena intellettuale. Non intravedo una cultura politica classica in grado di influenzare le masse per portarle sotto la sua bandiera. A vincere non è né la sinistra né la destra, ma il marketing delle idee, il modo in cui vengono confezionate, l’efficacia comunicativa degli slogan che le veicolano. Il laboratorio nel quale si forgiano le visioni del mondo non sono i giornali o i talk show, ma i social network, che mescolano destra, centro e sinistra in un frullatore che genera realtà politiche ibride quasi mostruose che piluccano intuizioni di qua e di là e le cementano in un tutto indistinto retto dall’unica ideologia vincente rimasta: la «cliccocrazia », il raggiungimento del maggior numero possibile di «like».