La posta di Carlo Silini

Il sorriso delle donne illumini le nostre tenebre

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Carlo Silini
18.03.2022 06:00

Non sono passati troppi giorni dalla festa delle donne. E si parla spesso di violenza di genere. C’è una poesia di Alda Merlini (deceduta nel 2009) che mi ha particolarmente colpito per la sua saggezza e profondità. «Sorridi donna, sorridi sempre alla vita anche se lei non ti sorride. Sorridi agli amori finiti. Sorridi ai tuoi dolori, sorridi comunque. Il tuo sorriso sarà luce per il tuo cammino, faro per i naviganti sperduti. Il tuo sorriso sarà un abbraccio di mamma, un battito d’ali, un raggio di sole per tutti».

Pieraldo Cerutti, Cadro

La risposta

Caro Pieraldo Cerrutti, lei cita Alda Merini e a me non resta altro che inchinarmi, perché il talento artistico di questa donna comasca e allo stesso tempo universale trabocca da ogni verso che ha scritto e continua ad incantarci per quel suo modo viscerale di sentire le cose e i sentimenti, per quel suo modo vibrante e luminoso di scriverne; sempre così in bilico fra felicità e dolore.

Tuttavia, soprattutto della sofferenza ha avuto continua e tormentata esperienza, fin da quando venne internata per la prima volta in una clinica, dopo l’incontro con «le prime ombre della sua mente». Era il 1947 e aveva appena 16 anni. Eppure, nell’andirivieni da una casa di cura all’altra nel corso di tutta una vita, ha scritto alcune delle poesie più belle e sconvolgenti della letteratura italiana.

Non so se «Sorridi» sia da considerare un inno alla forza delle donne, o un canto di resilienza (come si suol dire oggi) applicabile ad ogni essere umano alle prese con la morsa del dolore, al di là dei generi. Certo suonerebbe diverso se fosse stato scritto al maschile: «Sorridi uomo, sorridi sempre alla vita anche se lei non ti sorride». Può darsi che Alda Merini parlasse di sé o di tutti. Può darsi, invece, che si sia fatta voce, in un qualche modo, di una «sofferenza di genere» che si manifesta nella specificità di certi misfatti di cuore e di coltello sovrabbondanti nelle cronache rosa e nere di tutti i giorni.

In ogni caso, il suo consiglio poetico sembra fare a pugni con la durezza della realtà. Lo scorso 8 marzo, giorno canonico della Festa della Donna, è caduto mentre i blindati russi avanzavano in Ucraina dentro una terra lasciata in mano a maschi adulti e armati e le loro consorti tentavano di fuggire dalla propria terra insieme ai figli. Quel giorno un’amica ucraina ha scritto alcune parole che mi hanno lasciato senza fiato: «Pensa che regalo immenso alle donne se oggi gli uomini deponessero le armi».

Perché è toccante pensare che le donne in sofferenza portano il lume del loro sorriso nel mondo devastato dalla guerra, dalla violenza, dal sessismo, dai tradimenti e dal male. Ma sarebbe meraviglioso immaginare che sorridano perché, guardandosi attorno, nessuno le picchia, le umilia, le discrimina o le minaccia.