La posta di Carlo Silini

Perché la Svizzera non dovrebbe entrare nell’UE?

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Carlo Silini
03.03.2022 06:00

Caro Carlo, da decenni ci sono Paesi che fanno di tutto per entrare nell’Unione Europea, probabilmente attratti dai sostanziosi sussidi di Bruxelles. Parallelamente in Svizzera c’è una folta truppa pronta a tutto per difendere l’indipendenza CH con slogan del tipo «Padroni in casa nostra» e «No ai balivi di Strasburgo». Non si sono accorti che da tempo l’UE ci impone parecchie decisioni prese non certo a Berna: dall’ora legale all’obbligo dei passeggini per bebè sino ai 12 anni, passando dai TIR da 25, 40, 1000 tonnellate! Nel maggio 2019 i balivi di Bruxelles hanno addirittura violato un sancta santorum elvetico, quello del possesso delle armi da fuoco: le loro indicazioni su un giro di vite a tiratori e potenziali pistoleros sono state accettate dal popolo svizzero con un chiaro verdetto, 64 a 36. Adesso, per evitare di vedere la Svizzera esclusa da Erasmus e da altri programmi di ricerca scientifica, ecco avanzare l’idea di raddoppiare il nostro «contributo di coesione» da uno a due miliardi di franchetti. L’idea che poi questa valanga di soldi finisca nell’Est europeo, in Paesi populisti e – vogliamo dirlo? – razzisti come la Polonia e l’Ungheria mi fa rabbrividire. Al di là di questo, tuttavia, mi chiedo: non faremmo meglio a entrare nell’UE cuccandoci a nostra volta qualche sussidio (pecunia non olet, sebbene barbarus!), invece di metter mano al borsellino per evitare una catastrofica, definitiva Swiss Exit?

Giovanni Medolago, Lugano

La risposta

Caro Giovanni Medolago, schivo i temi specifici ed evito come la peste di addentrarmi nel ginepraio dell’Accordo quadro. Se da anni non ne vengono a capo i cervelloni di Berna e Bruxelles, figuriamoci cosa posso risolvere io che ce ne capisco il minimo sindacale. Punto dritto alla domanda delle domande: perché la Svizzera non dovrebbe entrare nell’UE? Anzitutto perché è molto difficile adeguare la legislazione svizzera agli sviluppi del diritto europeo, come dimostrano le difficoltà a raggiungere il citato Accordo quadro. Ma soprattutto perché il popolo svizzero non ne vuole sapere e dobbiamo rispettarne la volontà. Nel 1992 abbiamo respinto perfino l’adesione allo Spazio economico europeo che ci avrebbe fatto accedere al mercato unico europeo, pur rimanendo fuori dall’UE. Ricordo – ero giovane – di aver vissuto male quel risultato. Pensavo che la Svizzera fosse la quintessenza dell’identità europea perché era e resta uno dei rari Paesi capaci di far convivere etnie e culture differenti, di farle diventare una ricchezza per tutti e non, come quasi ovunque accade, un motivo di divisione e di discriminazione. E invece, a 30 anni di distanza, vedo che l’unico scambio possibile, per quanto macchinoso, resta quello dei trattati bilaterali. Che dire? Non sono così ingenuo da credere che l’abbraccio con Bruxelles sarebbe una benedizione, ma a volte mi dispiace guardare il resto del Continente «da fuori», pur essendo la Svizzera il Paese geograficamente più interno all’Unione. Spero che un giorno nascano gli Stati Uniti d’Europa così come li avevano sognati Victor Hugo, Carlo Cattaneo e Luigi Einaudi. Ma forse chiedo troppo.