La posta di carlo silini

Quelle badilate di letame contro Gino Strada

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Il fondatore di Emergency, Gino Strada. © ANSA/EMMEVI / PAL
Carlo Silini
08.09.2021 06:00

Continuo a pensare alla tragica, terribile ironia del destino che ha visto morire Gino Strada proprio mentre l’Afghanistan cadeva di nuovo sotto il controllo dei talebani. Negli ultimi vent’anni Emergency ha curato sette milioni di civili, denunciando più volte le atrocità della guerra, mentre Gino Strada si prendeva badilate di letame e di offese da orde di benpensanti che poi magari ipocritamente hanno scritto parole di cordoglio su di lui. C’è chi salva vite umane, declinando nella realtà del conflitto la professione medica e i propri ideali; c’è chi si impegna in un difficile processo di stabilizzazione e ricostruzione; e poi c’è il cinismo della politica «realistica», quella che consegna l’Afghanistan nelle mani dei talebani purché non ne facciano di nuovo una base per il terrorismo jihadista transnazionale. Quanto accade in questi giorni non è uno sfortunato prodotto del destino avverso, ma il prevedibile esito dell’accordo siglato a Doha il 29 febbraio 2020 dall’amministrazione Trump, lo stesso presidente che molti estimatori magnificavano come genio della politica internazionale.

Francesco Mazzucotelli, Bergamo

La risposta

Caro Francesco Mazzucotelli, pubblico volentieri questa lettera perché non è stata scritta da uno dei soliti male informati «leoni da tastiera», ma da un autorevole professore universitario della Cattolica che studia e insegna da anni politica mediorientale. Giusto osservare che mentre tutti sparano su Biden (che ha le sue responsabilità), per l’attuale situazione Trump ha colpe anche maggiori. Ciò detto, torno alla prima osservazione: i lutti sono spettacolari occasioni per il teatro delle grandi ipocrisie e delle menzogne. Vale anche per Gino Strada. Dal 2018 circola online la voce, diffusa da Michele Calabrese, secondo il quale gli amici del Movimento studentesco di cui faceva effettivamente parte avevano affibbiato a Strada il soprannome «chiave inglese» perché girava «con una chiave da 24 sotto l’eskimo» ed era «il capo dei picchiatori». Il riferimento velato è all’omicidio di un giovane studente di destra, Sergio Ramelli, ucciso a Milano nel 1975 da un gruppo di giovani (armati di chiave inglese) di un altro movimento della sinistra extraparlamentare. Le indagini trovarono i colpevoli e – naturalmente – Strada non c’entrava nulla. Ma quando un personaggio pubblico dà fastidio spesso si attiva la «macchina del fango». Non so quanto picchiasse, se mai picchiava, Strada da giovane, ma se anche l’ha fatto – e in quegli anni la violenza tra gruppi di destra e di sinistra era endemica – nella sua vita adulta si è trasformato in un formidabile campione dell’impegno e della pace. I nemici lo fanno passare per «criminale comunista», come ha scritto il giorno della sua morte su Facebook Giuseppe Fiorito, dirigente di Fratelli d’Italia a Rovereto. Il più meschino dei pretesti pur di non riconoscere il suo straordinario contributo al bene del mondo. Quando tutto gira in ideologia, il bene fatto dall’avversario viene spacciato per male e ad essere infangato non è solo il nemico, ma l’idea stessa di verità.