L'opinione

L'anacronismo dell'imposta preventiva

L'opinione di Alessandro Cupolo, segretario GLRT
©Gabriele Putzu
Red. Online
12.09.2022 06:00

Un abisso si pone tra il ruolo coperto dalla piazza finanziaria nel funzionamento della nostra infrastruttura economica e la concezione che anni di “stereotipi rossi” hanno diffuso.  È difficile chiedersi chi per primo vi abbia poggiato vanga e piccozza, eppure ciò che è chiaro è quanto rischiamo di perdere il 25 settembre nel baratro in cui il 13 febbraio è scivolato il progetto di abolizione della tassa di emissione se non facciamo nulla per colmare questo divario. Lo scopo di questo articolo è proprio di essere un pugno di terra gettato con speranza in questa voragine.

Il mercato creditizio offre alle aziende svizzere strumenti efficienti per assicurarsi liquidità: l’emissione di capitale proprio e le obbligazioni, ovvero un titolo di credito rappresentante un prestito che garantisce il pagamento di una somma e dei relativi interessi ad una scadenza fissata. Di quest’ultima possibilità usufruiscono anche enti pubblici per finanziare scuole, servizi sociali o, per rifarci nuovamente a esempi recenti, fronteggiare una pandemia. Basti pensare al deficit registrato dalla confederazione nel 2021 pari a 12.2 miliardi di franchi, ben distante dai 6.1 miliardi preventivati inizialmente e coperto in gran parte da passività a breve termine e, prìncipi tra queste, le obbligazioni, irrefutabile prova della loro importanza.

Affinché le obbligazioni possano adempiere al loro scopo e garantire la liquidità per le quali vengono emesse, devono però essere acquistate da un investitore. Oggi gli interessi obbligazionari sono sottoposti ad un’imposta preventiva estremamente elevata del 35%, questo implica che gli investitori che decidono di garantire liquidità alle istituzioni che ne hanno bisogno, posso aspettarsi in cambio solo il 65% di quanto altrimenti loro dovuto. Il 35% versato in imposta preventiva è assicurato solo agli investitori svizzeri, attraverso un formulario e diverse pratiche burocratiche, per gli investitori internazionali e istituzionali è garantito solo a seconda del paese di provenienza. Una pratica discriminatoria verso le nazioni a cui il rimborso completo non è offerto (e.g. Canada e Italia), ma anche per le istituzioni svizzere, penalizzate da un procedimento di acquisto reso poco attraente da carichi finanziari e burocrazia eccessiva.

Di conseguenza vediamo società svizzere con filiali all’estero emettere obbligazioni in altri paesi al fine di schivare l’imposta preventiva dalla consapevolezza che solo lì, distanti dal fiscalismo svizzero, queste obbligazioni possono preservare una parvenza di competitività al confronto col resto del mercato creditizio. Opportunità di investimento che si realizzano all’estero, distanti dalla piazza economica svizzera, significando posti di lavoro e conseguenti introiti fiscali “regalati” a nazioni più leggere dal punto di vista burocratico. Non è casuale quindi la decisione del consiglio federale e del parlamento di assicurarsi che questo strumento guadagni la competitività di cui ha bisogno al fine di garantirne l’efficacia per le aziende private e per la collettività: esentare dall’imposta preventiva le obbligazioni svizzere e abolirne la tassa di negoziazione renderebbe immediatamente il nostro mercato creditizio più attraente per gli investitori, specialmente investitori operanti all’estero.

Mi auguro che questo modesto mucchietto di terra possa aiutare il popolo svizzero a riavvicinarsi ad una reale percezione del mercato creditizio e con esso riavvicinare i due margini della voragine a sufficienza da garantire che il 25 settembre non vi scivoli dentro anche questo progetto, divorato dagli interessi politici di chi per primo vi ha poggiato la pala.

Alessandro Cupolo - segretario GLRT