Il commento

Le regole un passo alla volta

Il mondo politico si presenta diviso alla vigilia della sessione sul «caso Credit Suisse» – Dopo l’immediata ondata di indignazione sembrava profilarsi un intervento più deciso, ma la scelta di principio di procedere un passo alla volta ed evitare interventi affrettati è ancora la più saggia
© KEYSTONE / GAETAN BALLY
Giovanni Galli
11.04.2023 06:00

La vicenda Credit Suisse approda oggi, per la prima volta, in Parlamento. È una sessione straordinaria ma non bisogna farsi troppe aspettative. C’è molto di cui discutere e poco da decidere. Il pacchetto federale di 109 miliardi di franchi (composto da una garanzia in caso di dissesto di 100 miliardi a favore della BNS e da una garanzia di 9 miliardi per UBS) è già stato approvato dal Consiglio federale tramite procedura d’urgenza, con l’avallo della Delegazione delle finanze del Parlamento. Gli importi sono impegnati e indietro non si può tornare. È altamente probabile che alla fine l’Assemblea federale accetterà i due crediti, i quali non potranno nemmeno essere vincolati a particolari condizioni. Un rifiuto sarebbe clamoroso ma non avrebbe conseguenze giuridiche. Suonerebbe come un cartellino giallo per il Consiglio federale e per l’organo di sorveglianza parlamentare, senza tuttavia sortire effetti concreti sull’uso delle garanzie. Preoccupato per la stabilità dei mercati, il Parlamento stesso, tramite le sue commissioni, ha già provveduto a «neutralizzare» le richieste che avrebbero potuto interferire nella mega fusione, trasformandole in postulati. Pertanto si limiterà a chiedere al Governo una serie di rapporti su quanto è successo e su come si potrà intervenire in futuro a diversi livelli. Da parte sua, il Consiglio federale ha già garantito che presenterà un’analisi approfondita entro un anno, in occasione della pubblicazione del prossimo rapporto sulle banche di rilevanza sistemica. Ogni nuovo atto normativo o decisione con effetti tangibili sono quindi rinviati a quando sarà disponibile una verifica accurata di quanto è successo. Quanto all’eventuale Commissione parlamentare d’inchiesta, non sarà materia di questa sessione. L’Ufficio del Nazionale, all’unanimità, ha proposto di costituirla, mentre quello degli Stati si pronuncerà solo a metà maggio. Per una decisione plenaria si dovrà attendere fino a giugno.

Non bisogna dare nulla per scontato. Vale la pena ricordare che all’epoca del salvataggio di UBS, la Camera del popolo votò chiaramente per l’istituzione di una CPI, mentre gli Stati, a distanza di pochi giorni, si opposero. Il mondo politico si presenta diviso alla vigilia della sessione. Da un lato c’è chi, come la sinistra, teme che non se ne arriverà a una fintanto che non si approveranno misure vincolanti per spingere il Consiglio federale a fissare nuove regole in fatto di banche sistemiche, di capitale proprio e di bonus; dall’altro lato, invece, in campo borghese c’è chi teme che la «sessione Credit Suisse» si trasformi in un grande spettacolo mediatico in chiave elettorale e spinge per un approccio prudente, all’insegna del classico «conoscere per deliberare». Dopo l’immediata ondata di indignazione sembrava profilarsi un intervento più deciso da parte della politica, ma la scelta di principio di procedere un passo alla volta – ben inteso, purché non si marci sul posto – ed evitare interventi affrettati è ancora la più saggia. Invocare regole efficaci è sacrosanto, scriverle in un contesto complesso con una dimensione internazionale non è evidente e non può essere fatto nel giro di tre settimane. Del resto, anche una commissione d’inchiesta necessiterebbe di parecchio tempo per giungere a conclusioni e produrre risultati.

Piuttosto, bisognerebbe interrogarsi anche sul ruolo di un Parlamento, che tra pandemia, energia (caso Axpo) e piazza finanziaria, in questi ultimi tre anni è stato vieppiù chiamato a fungere da camera di ratifica di decisioni cariche di implicazioni prese dal Governo ricorrendo al diritto di necessità. È una situazione sbilanciata. La richiesta di migliorare le capacità d’intervento del Parlamento (che rappresenta popolo e Cantoni), in situazioni di crisi non è nuova, ma è giusto che venga finalmente affrontata.  

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