L'opinione

«Mettersi alla cappa»

L'opinione dell'Avv. Dr. Carlo Baggi
©Julia Demaree Nikhinson
Red. Online
22.09.2025 14:54

«Mettersi alla cappa»: il gergo marinaresco indica, con questo termine, una particolare andatura assunta dalle imbarcazioni a vela quando devono affrontare un forte maltempo.

Si tratta, in particolare, di ridurre la velatura e di impostare la rotta in modo da limitare la velocità a vantaggio di un significativo “scarroccio”. Con questa manovra l’imbarcazione crea una scia che s’interpone tra lo scafo e i marosi.

Ciò posto e uscendo dalla metafora è un dato di fatto che l’evento dei dazi ha creato una “tempesta globale” che ha interrotto il lungo periodo di tranquilla andatura dell’economia e della finanza. È sufficiente leggere quanto scritto in materia, per rendersi conto che quei provvedimenti hanno determinato una duplice reazione.

La prima, si è focalizzata sulla personalità del Presidente Trump; la seconda, più tecnica, ha cercato di analizzarne le conseguenze non solo a livello globale, ma soprattutto per i rapporti USA-UE e, localmente, per il nostro Paese.

Tutto questo, pur essendo interessante, non permette di rilevare un ulteriore significato che apparirebbe celarsi dietro ai turbinosi avvenimenti che si susseguono dal 20 gennaio 2025. Per cercare di interpretare l’accaduto è utile ricorrere a un criterio, utilizzato nell’esegesi dei testi, detto della “sollecitazione”.

Un metodo che permette di frantumare la forma esteriore, per poter portare alla luce ciò che la produce.

Ciò detto, occorre preliminarmente rilevare che il vero problema non sarebbe mondiale, ma riguarderebbe soprattutto l’Occidente. Inoltre, che potrebbe non concernere esclusivamente la questione economica dei “dazi”, ma piuttosto il “potere” sulla vita e sulla libertà di milioni di persone. Si ha infatti l’impressione che da qualche decennio, a partire dal Nord America, abbia silenziosamente preso corpo una sorta di “progetto imperiale”. Un potere, che non mirando a possedere le tre caratteristiche formali costitutive di uno Stato (territorio, popolazione, moneta), si sarebbe gradualmente materializzato per “infiltrazione” in vari Paesi, traendo linfa anche dalla propensione di precise ideologie a modificare equilibri sociali ed economici.

Guardando il tempo in cui ci è dato vivere, non si può non vedere che con l’inizio della presidenza Trump, si sia verificata una sorta di “sparigliamento” su tutti i pilastri sensibili per quel progetto (ONU, OMS, WTO, Immigrazione, Ecologia, ecc.). Un atteggiamento che sembra aver messo a repentaglio quel disegno negli Stati Uniti, la sua capitale virtuale, comportando la conseguente necessità di focalizzarsi sull’Unione Europea. Un’entità che da tempo era oggetto delle sue attenzioni, come apparirebbe anche dal significato di vari eventi potenzialmente predittivi di questa tendenza.

In particolare, il primo si ravvisa nella repentina rinuncia alla neutralità, al fine di poter entrare nella NATO, da parte della Svezia (riconosciuta neutrale dal 1815) e della Finlandia, che l’aveva proclamata nel 1948. Una scelta del tutto illogica, soprattutto per il primo paese, che proprio grazie a quello statuto e ad alcuni provvedimenti, si tenne al riparo nientemeno che da Hitler.

Il secondo, riguarda la risurrezione dell’idea di un “esercito europeo”. Un antico progetto, che sta riprendendo vigore, sia come eventuale alternativa alla NATO, sia come struttura a quella parallela. Un progetto militare di per sé ragionevole, ma che tuttavia potrebbe rispondere a interessi meno nobili; infatti, nulla vieta di pensare che lo si possa prefigurare come una formidabile forza di polizia continentale. Un’oscura prospettiva, ma già vista negli anni 50 e 60 del secolo scorso, da parte del Patto di Varsavia, a danno di alcuni paesi satellite dell’URSS.

Vorrei concludere questa riflessione, riprendendo il titolo della stessa, per considerare la posizione del nostro Paese. Diversi commentatori, a caldo dell’evento, hanno paragonato la stangata dei dazi trumpiani a una nuova Marignano. Tenuto conto dell’insegnamento profondo che quella sconfitta porta con sé e delle attuali politiche europee, sarebbe forse auspicabile, da parte di coloro che hanno nelle mani il nostro destino terreno, d’incominciare a considerare l’opportunità di mettere il Paese “alla cappa”. Una manovra che potrebbe permetterci di evitare, per la terza volta, di essere coinvolti nell’uragano che si sta nuovamente addensando su questo Continente.

A sostegno di questa condotta, potrebbe essere utile riflettere anche su ciò che Machiavelli scrisse nel 1531: «A volere che una…repubblica viva lungamente è necessario ritirarla spesso verso il suo principio» (Discorsi, III cap.1).

Avv. Dr. Carlo Baggi