La posta di Carlo Silini

Montanelli abbellì la propria biografia? Nessuno è perfetto

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La statua di Indro Montanelli in vi Daniele Manin a Milano. © Shutterstock
Carlo Silini
04.01.2022 06:00

Egregio signor Silini, lei da che parte sta? Broggini o Travaglio? Entrambi hanno dedicato un libro al grande Indro (Broggini: Passaggio in Svizzera, Travaglio: Indro il 900). Prima è uscito quello della Broggini, recentemente quello di Travaglio. Marco sconfessa ripetutamente Renata che ha gettato fango sulla figura dell’autorevole giornalista: chi ha ragione , secondo lei ? Ricordo che Indro ha negato un invito di Renata per un confronto sulle tesi discordanti. È un argomento scottante che mi intriga! La ringrazio per la sua attenzione.

Giampiero Cifaratti, Massagno

La risposta

Caro Giampiero Cifaratti, se voleva mettermi in difficoltà ci è riuscito. Non c’è giornalista di lingua italiana, credo, che al di là delle proprie personali posizioni politiche non nutra una profonda ammirazione per Indro Monanelli e/o che non ne abbia a volte perfino invidiato la straordinaria abilità di penna e di pensiero. Montanelli lo leggevi per il gusto di leggerlo, per la sua prosa tagliente e coraggiosa, la capacità di sintesi, la perfezione linguistica. Potevi concordare o dissentire, ma alla fine dovevi sempre dirti che valeva la pena di leggerlo. Indro era icona di se stesso: asciutto e toscano come i suoi articoli. Ironico, qualche volta sarcastico, colto, robustamente critico, poco incline alle mezze misure. Tanto che – anche quando anche le faceva sue – non era mai per opportunismo. Basti pensare all’impareggiabile «turatevi il naso, ma votate DC», il più offensivo degli endorsement politici che si conosca. Mi fermo qui con i complimenti a Indro, per non perdere il filo del discorso. Devo però almeno ricordare, per i lettori che non lo sapessero, che cosa la storica Renata Broggini rimproverava a Montanelli in un libro del 2007 dedicato al suo soggiorno nel nostro Paese tra il 1944 e il 1945. Secondo lei, le tre affermazioni che Montanelli fece alle autorità elvetiche appena giunto a Bellinzona il 14 agosto del 1944 appaiono prive di fondamento. Primo: non è vero, come invece asserì Montanelli, che evase dal carcere di San Vittore. La sua fu una finta «evasione» organizzata da Luca Ostèria, collaboratore della Gestapo, in accordo con Theo Saewecke, capitano delle SS a Milano. Secondo: non è vero che era condannato a morte. Quando «evase» era ancora sotto istruttoria.Terzo: non è vero che aveva organizzato bande di partigiani o che era stato partigiano, come sostenne appena giunto in Svizzera e anche mesi dopo. Ovviamente non conosco la verità, quella la sa solo Indro, ma mi pare difficile contestare gli studi di Renata Broggini, nel frattempo scomparsa. Si basano sui dossier riguardanti Montanelli conservati negli archivi federali e cantonali e sulle lettere tra Montanelli e Aldo Patocchi, allora direttore de L’illustrazione ticinese. Insomma, dopo avere letto i testi, penso che davvero Montanelli, per ragioni più che comprensibili, abbellì la propria biografia. Ma, da suo sincero fan, condivido il commento che all’epoca ne fece un altro grande giornalista, Mario Cervi: «Onore a lui. Per la verità, e perfino per le bugie». Come dire: nessuno è perfetto.