La posta di carlo silini

Mostrare le caricature di Maometto è sempre islamofobia?

Manifestazione a sostegno di Charlie Hebdo.
Carlo Silini
09.04.2021 06:00

Qualche settimana fa un professore di religione di Batley, una città dalla forte componente indo-pakistana dello Yorkshire, nel Regno Unito, è stato sospeso dall’insegnamento dopo che i genitori di alcuni allievi avevano reclamato perché aveva mostrato in classe una caricatura di Maometto pubblicata da Charlie Hebdo. Non voglio parlare del diritto, oppure no, e dell’opportunità e del senso di fare delle caricature, di fare humour o di denunciare attraverso la satira. Ma del fatto che oggi, a dipendenza del tema, non abbiamo nemmeno più il diritto di mostrare e parlare di eventi storici comprovati, anche senza giudicarli e senza commentarli. Oggi domina un continuo processo alle intenzioni e il risentito personale. Decuplicati nella violenza verbale dai social media. Quindi è (per ora) ancora permesso parlare di Maometto, ma non lo è se si mostrano le sue caricature, giacché si rischia di essere tacciati di islamofobia? Se occorre condannare la strumentalizzazione di fatti storici comprovati, la loro interpretazione fuori contesto e la loro negazione, bisogna però poi assolutamente difendere la possibilità e la libertà di sviluppare lo spirito critico specialmente nelle scuole e sulla stampa.

Francesco Mismirigo, Locarno

La risposta

Caro Francesco Mismirigo, il tema è antipatico e spinoso. Nel timore di offendere questa o quella religione, comunità etnica o lobby - non solo musulmana (esistono esempi anche extra islamici) - si finisce con l’appiattirsi sull’autocensura che punisce tutti gli altri. In una sorta di impulso culturalmente suicida, si realizza il paradosso di interi corpi sociali che si sentono ostaggi delle idee o delle supposte suscettibilità di una minoranza. E una civiltà che fa della libertà di espressione uno dei suoi pilastri irrinunciabili finisce con l’adottare un linguaggio e delle misure censorie che non le appartengono.

Perché bisogna distingure tra la legittima e necessaria tutela dei diritti delle minoranze e la rinuncia ai propri valori per non dar loro fastidio. Tanto più che, di solito, a proferire minacce non sono tutti i musulmani, ma una piccola parte, una minoranza nella minoranza: gli integralisti. Sarebbe come se nel cristianesimo si desse più retta alle sette americane Bibbia & Fucile che al Papa,

Naturalmente, la libertà di espressione non va considerata come il diritto inalienabile a gettar fango su tutto e su tutti. Ci sono momenti storici e contesti in cui insolentire Maometto significa accettare il rischio di scatenare la reazione violenta dei suoi seguaci più esaltati e temibili. È sempre davvero necessario farlo? È opportuno? Il santo della libertà di espressione vale la candela di una possibile strage?

Ciò detto, in un contesto come quello della scuola, la sospensione di un professore è un fatto gravissimo. Chi, se non un buon maestro, può offrire ai suoi studenti gli strumenti per sviluppare un pensiero intelligente e critico sulle caricature del Profeta, disinnescando le tentazioni di violenza da una parte e di discriminazione dall’altra?