Non schierarsi non è grave, è grave non pensare

Caro Carlo Silini, sono afflitta da una strana malattia: non riesco a schierarmi. Non mi mancano certo le idee. Ho opinioni che so sostenere e riesco anche a cambiare, ma mi viene il mal di pancia quando qualcuno si sente autorizzato a dare giudizi pubblicamente su un fatto accaduto, a nome di un gruppo che frequento (culturale, sportivo, virtuale o... della briscola) senza chiedermi cosa penso. In politica soffro del dubbio gaberiano «destra-sinistra»: mi viene un irrefrenabile prurito quando mi bollano «di sinistra» perché credo nell’integrazione dei rifugiati e ho improvvisi capogiri da attaccarmi ai muri se mi ritengono «di destra», visto che sono a favore dell’esercito svizzero. Eppure apprezzo chi s’impegna per la cosa pubblica; ci vuole energia e amore per il prossimo, ma mi trillano fastidiosamente orecchie e meningi, con acufeni insopportabili, quando sento certi personaggi che parlano agli elettori credendosi il centro del mondo. Mi viene l’impeto rabbioso di spegnere il loro microfono e gridare a tutti che insomma... «il centro del mondo sono io». Cosa dici, c’è una cura?
Silvia Bello Molteni, Cureglia
La risposta
Cara Silvia Bello Molteni, ma davvero quella che descrivi è una malattia? Dante (scusa se è poco), nell’XI canto dell’Inferno, scriveva «non men che saver, dubbiar m’aggrada», e nel IV del Paradiso «Nasce per quello, a guisa di rampollo,/ a piè del vero il dubbio; ed è natura/ ch’al sommo pinge noi di collo in collo», che significa, più o meno, che dal dubbio nasce il naturale desiderio di trovare la verità. Il dubbio è la palestra del pensiero, il «luogo» dove si mette alla prova la mente quando le si chiede di risolvere un problema e lei comincia a elaborare una gamma di soluzioni diverse, le testa, le soppesa, le seleziona e le scarta fino a quando non ne trova una che la convinca. Questa, poi, magari non sarà «la» verità, ma sarà senz’altro il tentativo più onesto e serio di raggiungerla con gli strumenti che possediamo, senza lasciare che qualcuno la preconfezioni per noi. Fino a quando il dubbio non ha compiuto la sua missione demolitrice delle certezze che – ragionando e dubitando, appunto – appaiono prive di un reale fondamento, non ha alcun senso schierarsi. Amo, quindi, il dubbio metodico che prepara con rigore la strada verso la verità. Proprio per questo non ci si può schierare sempre e su tutto: perché per superare la palestra dei dubbi ci vuole tempo e fatica. Così, a volte, non ci si schiera perché il proprio cammino di ricerca non è ancora finito, e non per paura di prendere posizione.
Ciò detto, non amo lo smantellamento automatico di qualsiasi dato acquisito, il dubbio che paralizza il cammino della comprensione invece di rafforzarlo, come dovrebbe essere. Il dubbio serve per selezionare l’idea migliore, non per sabotarla. Non è grave non riuscire a schierarsi, è grave non pensare con la propria testa. Perciò stai tranquilla, cara Silvia, nel tuo oscillare tra idee di destra e di sinistra non sei affatto smarrita: stai solo seguendo la tua stella interiore.