Bussola locarnese

Ogni giorno un viaggio

Dall’Africa mediterranea e dalla magica Istanbul sale il bisogno di libertà
Una scena del film «Agora», di Ala Eddine Slim
Giona A. Nazzaro
Giona A. Nazzaro
16.08.2024 06:00

Siamo quasi alla fine del Festival, ma non ancora alla fine della retrospettiva dedicata al centenario della Columbia; una retrospettiva che ha permesso a moltissimi di scovare gemme preziose, film che in qualche modo hanno talvolta trasformato il pubblico della rassegna in tanti piccoli cinefili della Nouvelle Vague. In questo modo, infatti, immagino il piacere che i vari François Truffaut o Jean-Luc Godard provavano nel momento in cui scoprivano le opere di registi quali John Brahm, William Castle o Hugo Haas.

Un percorso, quello della retrospettiva, punteggiato da film da scoprire ma anche da straordinarie sorprese come la copia splendidamente restaurata di Gun Fury, un western del 1953 con Rock Hudson girato da Raoul Walsh in 3D. Come dire: il futuro c’era già ieri.

Riprendendo nelle mani la nostra bussola torniamo al concorso internazionale dove troviamo due delle proposte più interessanti, provenienti una dall’area dell’Africa mediterranea - la Tunisia - l’altra dalla porta d’ingresso dell’Oriente, la città magica di Istanbul.

Agora, di Ala Eddine Slim, è il terzo film del portavoce del cinema tunisino, sebbene egli non si definirebbe mai portavoce di niente e di nessuno. Racconta una misteriosa invasione di ritornanti ed è un’opera sospesa, poetica, alla ricerca dell’umanità perduta. Yeni șafak solarken («La nuova alba svanisce»), di Gürcan Keltek, è anch’esso un film sospeso, ma in volo, sulle ali di un uccello che guarda dall’alto una Istanbul in preda a dolcissime possessioni e a misteriosi complotti. Dalla Tunisia e dalla Turchia sono approdate a Locarno due espressioni diverse di un bisogno identico, quello della libertà; due film che ci dicono, ancora una volta, quanto il cinema sia tutt’altro che finito.

E torno, sempre orientandomi con la nostra bussola, verso la piazza Grande dove accogliamo l’esordio alla regia di Paz Vega. Rita è la storia di un trauma infantile, raccontato - con infinito pudore - dal punto di vista dei bambini. Paz Vega non ha bisogno di molte presentazioni: è l’attrice di Pedro Almodóvar, la protagonista di Lucía y el sexo di Julio Medem e di decine di altri film. Qui si dimostra anche sublime regista, comenciniana diremmo.

Chiudiamo con un’altra regista, Jane Campion, che stasera riceve il Pardo d’onore. Fedele al suo grande amore per il cinema, appassionata di tutti i formati e gli stili, non appena giunta a Locarno Jane Campion ha scelto di frequentare le proiezioni dei cortometraggi e si è affacciata sui «Pardi di domani», dove molti spettatori l’hanno riconosciuta e accolta con enorme affetto.

Ecco che cos’è davvero il Locarno Film Festival. È il luogo in cui anche l’ospite più atteso subito si dirige verso il cuore pulsante della manifestazione, e lo fa senza nemmeno aver bisogno di una bussola. Consapevole che un nuovo viaggio sta per iniziare ogni volta che in sala si spengono le luci.

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