Il commento

Rettore, cultura, Paese

«La forza di un popolo è la sua cultura»: un pensiero che vale, pur rispettando la modestia delle proporzioni non solo geografiche, anche per il Ticino
Tito Tettamanti
Tito Tettamanti
12.08.2022 06:00

Se la memoria non mi tradisce, è di Milan Kundera il pensiero che la forza di un popolo è la sua cultura. Vale ovviamente, pur rispettando la modestia delle proporzioni non solo geografiche, anche per il Ticino. È stato aperto il concorso per il futuro Rettore/la futura Rettrice dell’Università della Svizzera Italiana e tutti ci auguriamo abbia successo. Vorrei comunque sottolineare un aspetto che figura nel bando quando elenca il richiesto impatto positivo sull’economia, sulla cultura, sulla società del Canton Ticino, l’assunzione quindi di un importante ruolo fuori dall’attività direttamente pertinente al mondo accademico. La notorietà ed i meriti nel mondo universitario e scientifico e l’abilità ed esperienza gestionale sono premesse indispensabili per la carica, ma il Ticino deve poter contare su un’irradiazione intellettuale che vada al di là del Campus. Vi sono alcune posizioni nel nostro Cantone che costituiscono cattedre di cultura, offrono la possibilità di coinvolgersi e invogliare nel dibattito culturale, suscitare discussioni ed interesse, di conferire il «supplément d’âme». Una di queste è quella di chi avrà la direzione dell’ateneo. Ragione per la quale noi chiediamo sin d’ora al futuro Rettore o Rettrice impegno, interesse, comprensione non solo per l’Università ma anche, sia pure in intensità diversa, per il Paese. Diventare un punto d’appoggio autorevole grazie anche ad una posizione che gli/le permette di coinvolgere, animare, pur mantenendo un cattedratico distacco da pregiudizi politici e campagne d’interessi. Non ipotizzo neppure per contro che venga nominato uno di quegli accademici esangui per il timore o accecati da pregiudizi ideologici che impediscono, come purtroppo succede e non solo in molte università americane, il dibattito aperto censurando idee ed atteggiamenti e togliendo la parola a chi osa opporsi agli estremismi e stereotipi imperanti. Ho accennato a posizioni di privilegio per l’indispensabile dibattito culturale. Un’altra è quella del Direttore della RSI. Non conosco chi ricopre attualmente la carica, Mario Timbal, ma a suo favore gioca il fatto di essere stato scelto al di fuori dalle gerarchie e combines interne, evitando l’indecoroso teatrino della precedente nomina con annullamenti e ripetizioni di concorsi, con cambi di limiti di età. Si è usciti dagli schemi inquinati a suo tempo dai tentativi di imporre la voce del padrone. Non sono a conoscenza del retroterra culturale del nuovo Direttore della RSI, ma è nota la sua passata attività nell’organizzazione di attività culturali, elemento non trascurabile. Se ne ha la voglia non deve barricarsi a Comano. Dati i mezzi e l’impatto della RSI è lecito chiedersi idealmente se non si potesse far posto ad un intellettuale di grande prestigio, per una carica di Presidente, riservando quella di Amministratore delegato o Direttore generale ad un esperto del campo pratico e cognito delle esigenze della produzione e del mercato. Ovvio che una posizione di rilievo nella cultura del Paese spetta al Consigliere di Stato a capo del Dipartimento competente. L’attività dell’intellettuale non è quella più promettente e sicura per chi vuol fare carriera politica e pertanto non possiamo pretendere che l’uomo o la donna di governo dia la farina che non è del suo sacco e neppure che chi opererà lo potrà fare ignorando continuamente e frontalmente i desiderata e gli orientamenti del Partito. Ciononostante le forze politiche dovrebbero impegnarsi, anche se non è facile, a valorizzare tra i loro esponenti figure come è stato un Giovanni Orelli per i socialisti. Le premesse per l’interesse e l’operatività culturale si potrebbero individuare in qualche carica della magistratura, anche se da un lato l’inflazione del numero dei giudici nuoce a notorietà e prestigio e si dice che l’odierno livello di alcuni concorrenti dia adito a qualche perplessità. Forse conosco troppo poco la realtà odierna e sono ingiusto, forse sono generazionalmente legato al ricordo di colossi del Tribunale d’Appello quali Gastone Luvini e Benno Buetti e per l’influenza che avevano con il loro peso morale sull’opinione pubblica e faccio fatica a riconoscere che i tempi sono cambiati. Abbiamo sul terreno una vivacità di iniziative di maggior o minor peso: circoli culturali, di servizio, filodrammatiche, ma anche il Festival Internazionale del Film di Locarno, LAC, Conservatorio, biblioteche, pubblicazione di riviste magari un po’ nostalgiche e retrò, dove si rivedono fotografie che richiamano gli anni passati a noi anziani che viviamo di ricordi. Noi Luganesi abbiamo il Cantonetto con un grande ringraziamento alla memoria di Mario Agliati. Tutti mattoni importanti di una cultura che per essere completa deve essere antropologica. Arrivano però temi nuovi, complessi, progressi tecnici difficili da assimilare, siamo testimoni ed attori di una società in piena rivoluzione con mutamenti contestati e per questo chi ha la maggior responsabilità e autorevolezza nel Paese deve coinvolgersi ed iniziare ad animare il dibattito aggiornandoci e risvegliando la nostra attenzione. Se siamo fortunati, una di queste persone dovrebbe essere il futuro Rettore o la futura Rettrice. Quod est in votis....