Isole comprese

Se a Torino il tempo si è fermato all’Ottocento

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Prisca Dindo
27.02.2022 06:00

Tappezzerie di raso, tavoli in legno pregiato, specchi antichi. In alcuni caffè di Torino il tempo si è fermato nell’Ottocento.

Se poi chiediamo ai camerieri in livrea un “Bicherin”, allora il balzo nello scorso millennio è assicurato. In un lampo il sapore antico della delizia di cioccolata, caffè e crema di latte ci proietta nel Risorgimento italiano.

Un sorso e Camillo Benso Conte di Cavour è lì, seduto al tavolo con un signore barbuto dalle mani nodose: Vincenzo Vela.

Camillo Benso illustra i piani per la creazione di un’Italia unita al famoso scultore di Ligornetto che lo scruta in volto con particolare attenzione. Presto dovrà riprodurre i suoi lineamenti nel gesso e poi nel busto di marmo che finirà al castello di Santena.

Nel frattempo deve terminare il ritratto di Vittorio Emanuele II, il futuro primo Re d’Italia.

Non si tratta di un incarico qualsiasi. Pur essendo già molto conosciuto negli ambienti artistici per il realismo con cui ritrae i personaggi di spicco del risorgimento, questa volta Vincenzo Vela potrebbe giocarsi la nomina di scultore ufficiale della casa Savoia.

Ci riuscirà. Come riuscirà alcuni anni dopo ad imporsi all’Esposizione internazionale di Parigi del 1867 vincendo il primo premio con il suo “Napoleone morente”, una colossale scultura marmorea che conquistò pure Napoleone III, il quale l’acquistò per deporla nella reggia di Versailles.

Scoprire che un artista di Ligornetto rappresenti un punto di riferimento imprescindibile della scultura italiana (e non solo) dell’Ottocento, fa sentire noi ticinesi unici e preziosi. Come il nostro “bicherin”, ormai terminato.

Quello nell’epoca rinascimentale, non è l’unico salto nel tempo che si può vivere a Torino. A pochi minuti dal centro, in via Accademia delle Scienze, si erge un palazzo barocco che racchiude quattromila anni di storia nei suoi quattro piani.

È il museo delle antichità egizie. Fondato nel 1824, è il più antico museo egizio al mondo, secondo per importanza solo a quello del Cairo.

Sculture statuette, elementi e decorazioni di architettura, sarcofagi vasi mummie umane e di animali, armi giochi arredi abiti papiri. L’immersione nella civiltà faraonica è totale.

Tra l’infinità dei meravigliosi pezzi della collezione, ce ne sono alcuni che meritano da soli il viaggio.

Come il salto di una danzatrice, pitturato su una scheggia di calcare utilizzata come un quaderno degli appunti da un anonimo artista; uno dei reperti più famosi del Museo Egizio.

Oppure la mummia naturale rannicchiata all’interno di una buca in posizione fetale, accanto al suo corredo funebre. È talmente ben conservata che sembra sia stata sepolta ieri, ma in realtà giace in quella posizione da 5.500 anni!

Tuttavia Torino guarda anche al futuro. A partire dall’architettura contemporanea, tutta da scoprire.

Il Palasport Olimpico firmato dal celebre architetto giapponese Arata Isozaki; l’iconico Lingotto, lo stabilimento FIAT del 1915 convertito negli anni Novanta dall’archistar Renzo Piano; il Polo Universitario per le Facoltà Umanistiche, che porta il sigillo di Norman Foster. ll mercato coperto di Massimiliano Fuksas.

E poi c’è la chiesa del Santo Volto di Mario Botta. Ed ecco che il nostro cuore patriota torna a riempirsi di orgoglio. Un altro ticinese che segna la storia.

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