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Si può vivere dentro una cabina del telefono?

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Carlo Silini
12.08.2021 06:00

Si può vivere a 60 anni dentro una cabina telefonica? La domanda può sembrare retorica almeno finché non ti trovi di fronte a lei, Iasmina che ha preso dimora in una vecchia cabina all’inizio del mercato rionale di via Pavese a Torino. Come ci sia arrivata è una lunga storia. I servizi sociali sono intervenuti, così come la Circoscrizione, ma Iasmina ha detto «di non aver bisogno di nessun aiuto, né di una visita ambulatoriale». È la sua volontà, ma può esservi una scelta libera quanto si vive in strada? Rispettare la persona significa lasciarla libera di dormire in strada? Ma è giusto usare la forza verso una persona che «non fa male a nessuno» si chiede la signora Rosanna che tutti i giorni fa la spesa al mercato, forse, prosegue, «fa male alla nostra coscienza, come un fatto che vorremo non vedere e non sapere, ma la povertà è qui, non sono numeri, dobbiamo avvicinarla». I problemi interviene Mario «sono nati nella società e devono tornare nella società, al suo contesto, vuol dire che dobbiamo farcene carico tutti. Tanto nessuno ha la capacità magica di risolvere all’istante problemi, soprattutto come in questo caso, sono anni che la signora è in difficoltà [...] ci vuole fiducia». È così dopo alcuni giorni l’impegno dei servizi sociali, del coordinatore della Circoscrizione, della famiglia ha permesso a Iasmina di tornare a casa. Quando le persone si mettono insieme aprono piccoli spiragli di luce ed è domani.

Fabrizio Floris,Torino

La risposta

Caro Fabrizio Floris, mi impressiona leggere il caso di Iasmina, non solo per la vicenda in sè, ma perché avviene vicinissimo a noi: in uno storico triangolo industriale dell’Italia lavorantona del Nord-Ovest (nel 2020 Torino figurava al 7. posto nella classifica di ricchezza e consumi tra le città della Penisola). Oggi, lo sappiamo, la situazione è molto meno florida che negli anni d’oro della FIAT e a dare un ulteriore colpo ci si è messa la pandemia. Secondo l’ultimo rapporto annuale sulla situazione finanziaria piemontese di Banca d’Italia, i redditi delle famiglie sono calati in misura più intensa della media italiana e a soffrire sarebbero soprattutto i giovani e le donne, le categorie più fragili, i nuovi poveri. Rattrista il fenomeno dei cosiddetti Neet — ovvero chi non studia e non cerca lavoro — cresciuti del 2,8%, arrivando quasi al 20%. Significa un giovane su cinque. È vero: lasciare che Iasmina viva «tranquilla» nella sua cabina telefonica significa permetterle di mostrare al mondo che la povertà esiste anche laddove un tempo brillava il benessere. Anche se ci mettiamo la benda sugli occhi il degrado non scompare. Non consola il fatto che i ricchi siano sempre più ricchi, perché oggi a Torino dieci under 40enni su 100 vivono in famiglie prive di reddito (erano 6 su 100 nel 2019). Forse, allora, la povertà è meglio averla sotto gli occhi, dentro una teca di vetro, per darle modo di scuotere e attivare le forze migliori e solidali della collettività. Perché magari Iasmina è così forte e libera da poter vivere in un metro quadrato, come Diogene nella sua botte, ma una società che glielo lascia fare ignorandola non è degna del proprio nome.