Tolleranza: Voltaire, quanto ci manchi

Caro Carlo, un tema che secondo me urge toccare con saggezza e delicatezza è quello della tolleranza, così come la intendeva Voltaire. Si tratta di ricordare che è un valore essenziale al buon funzionamento di una comunità costruita sulla democrazia. Tuttavia viene stravolto dalla nostra società politica e civile nello slogan della «tolleranza zero». Una reazione di chiusura, indignata e istintiva, al sogno irrealizzato dell’«andrà tutto bene». Il riferimento è al bisogno collettivo e piuttosto perbenista di vedere la forza usata contro i giovani che chiedono spazi. Il pericolo è quello di rinunciare al dialogo e alla comprensione del problema facendo la gara a chi urla di più, dimenticando che il consenso è più forte di un esercito in tenuta antisommossa. Aggiungo che mi sembra uno dei grandi problemi sociali di oggi, ma che venga invece brandito come una clava, anche perché di mezzo ci sono le elezioni comunali, e non si vuole scontentare il proprio bacino elettorale. Non va tutto bene, ma, ammettiamolo, potremmo farla andare meglio, la nostra comunità.
Monica Delucchi, Rovio
La risposta
Cara Monica Delucchi, concordo. E mi assale una profonda nostalgia del genio lucido di Voltaire, della sua capacità di separare le proprie convinzioni dal bisogno patologico di imporle agli altri. La sua definizione di tolleranza resta inarrivabile: «Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia - scriveva - ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente». E nel suo Dizionario filosofico spiegava : « È chiaro che chiunque perseguiti un uomo, suo fratello, perché questi non è della sua opinione, è un mostro». Quanti di noi, oggi, possono dire altrettanto? Quanti si batterebbero per concedere diritto di parola agli avversari? Quanti capiscono che la capacità di confrontarsi con chi professa opinioni diverse dalle sue è perfino più importante del trionfo delle proprie idee? Che la pace sociale conta più dell’ego? Chi tollera ascolta, chi non sa o non vuole ascoltare è un mostro, per citare ancora una volta il filosofo francese. Il che non vuol dire che non esistano fenomeni che meritano l’opzione della «tolleranza zero»: quando, per esempio, si violano i diritti umani. Però occhio: in una sana dialettica democratica è un volgare abuso invocare questo principio per soffocare la libera espressione del dissenso.
Venendo ai fatti evocati: i giovani, guarda un po’, meno li ascolti più fanno casino. Torto loro o torno nostro? Capisco l’esigenza dei giovani di avere degli spazi per loro, anche se si tratta di «spazi contro», di ambienti alternativi, di luoghi di contestazione creativa. Siamo stati tutti diciottenni, abbiamo avuto tutti il bisogno di affermarci in opposizione alle leggi dei nostri padri. Non applaudo invece a quella sparuta minoranza di ragazzi alticci che lanciano bottiglie contro gli agenti di polizia. Quella non è contestazione, è stupida inciviltà. E l’inciviltà è il contrario del dialogo tanto quanto i manganelli.