Pensieri dal battellino

Umarell allo stadio

La rubrica di Bruno Costantini
Bruno Costantini
20.11.2021 06:00

Siamo un Paese di cantieri e siamo anche un Paese di vecchi. Forse proprio per questo ci sono tanti cantieri poiché molte persone senza più impegni lavorativi hanno bisogno di passare il tempo andando a controllare l’evolversi delle costruzioni. Insomma, il cantiere come programma ludico-sociale. Asia è giunta a questa conclusione discutendo con alcuni amici del Mendrisiotto che anche questa settimana abbiamo traghettato con il battellino tra Capolago e Lugano per liberarli dalle ore passate incolonnati in auto. L’ipotesi della mia amica microinfluencer del lago ha un fondamento ed è sicuramente meno malevola di altre interpretazioni che spiegano un fenomeno sproporzionato ma coerente con la Repubblica dell’iperbole di cui Francesco Chiesa parlava già a inizio Novecento. A sostegno della sua tesi, Asia mi ha fatto notare che il termine «umarell» (più o meno conosciuto anche da noi e derivato dal dialetto bolognese per indicare un ometto o omarello) da quest’anno è entrato nel vocabolario Zingarelli che così spiega il significato del sostantivo: «Pensionato che si aggira, per lo più con le mani dietro la schiena, presso i cantieri di lavoro, controllando, facendo domande, dando suggerimenti o criticando le attività che vi si svolgono». Se fra una settimana i luganesi dovessero accettare la realizzazione del Polo sportivo si aprirà un grande cantiere, anzi più cantieri su più anni. Una manna per chi vi lavorerà e per chi andrà a controllare. C’è da presumere che i contrari al progetto impallinati siano i più attivi a tener d’occhio la situazione. Immaginiamo gli umarell Franco Masoni, Fulvio Pelli, Adriano Cavadini e Martino Rossi, per dirne alcuni di eccellenti, aggirarsi con le mani dietro la schiena, presso i cantieri di lavoro, controllando, facendo domande, dando suggerimenti o criticando le attività che vi si svolgono. Senza dimenticare l’umarell all’origine di tutto con il suo referendum, Pino Sergi, che sarà attento a sorvegliare le condizioni di lavoro pronto a denunziare quella porcata di legge sul salario minimo. C’è tuttavia anche un’altra possibilità: che il Polo sportivo venga bocciato. Qui si pongono due questioni d’emigrazione via lago come quando nell’Ottocento ticinese chi era politicamente sgradito veniva invitato a prendere la via dei mari. Intanto il Municipio (donne comprese, perché altrimenti il Pino farebbe storie sulla parità) dovrebbe scontare un periodo di lavori socialmente utili, per esempio alle dismesse cave di Caprino a estrarre la pietra servita per costruire le vecchie case di Lugano e a tagliar legna nei boschi circostanti del Patriziato di Castagnola. Noi mettiamo a disposizione il battellino per fare la spola, ma ovviamente senza offrire il Barbera fatto col mulo. C’è poi il problema umanitario degli eccellenti umarell di cui sopra, in particolare di quelli liberali, che anche vincendo la loro battaglia contro il Polo sportivo finirebbero male perché ritenuti colpevoli del definitivo annientamento del partito (questo in ogni caso). Per costoro l’espatrio sarà l’unica soluzione. Noi terremo il battellino pronto a salpare nottetempo verso Campione d’Italia, dove i condannati all’esilio con parrucche e nasi di cartone potranno affittare ampi spazi nell’ecomostro del Maestro Botta e, con un comodo sentiero, recarsi quotidianamente alle cave di Caprino per osservare il Municipio al lavoro. Con le mani dietro la schiena, controllando, facendo domande e dando suggerimenti.