L'editoriale

Una partita che la Lega gioca anche in casa sua

Alle elezioni comunali di Lugano il movimento di via Monte Boglia rischia di farsi male da solo
Bruno Costantini
04.04.2024 06:00

Per la Lega a Lugano la legislatura breve che sta per concludersi è iniziata nel peggiore dei modi con la morte improvvisa di Marco Borradori; potrebbe anche finire peggio se fra dieci giorni, nella città simbolo del movimento di via Monte Boglia dove tutto ebbe inizio 33 anni fa, evaporasse la sindacatura. Non sarebbe solo un fatto simbolico. Altre volte s’è detto che l’appuntamento elettorale sarebbe stato il momento della verità, ma mai, come per queste elezioni comunali, in riva al Ceresio la partita potrebbe rappresentare uno spartiacque definitivo. Con la mancanza da oltre un decennio di un leader come fu il Nano, con la normalizzazione della nuova Lega di potere «poltronesofà» accompagnata da pure velleità barricadere per medicare le ferite elettorali rimediate anche alle ultime Cantonali e Federali, con l’abbraccio opportunistico ma alla lunga esiziale con l’UDC, di cui forse non tutti i leghisti hanno contezza, s’è creata la situazione ideale per accelerare il cammino sul viale del tramonto.

Quello del 14 aprile è un voto locale ma con grande valenza politica cantonale. A Lugano la campagna è stata anomala, ognuno eclissatosi nel suo ridotto. Con un PLR rinunciatario e senza ambizioni, un PS in affanno per mantenere la presenza in Municipio e un Centro tranquillo sulle sue posizioni, è ovvio che l’attenzione sia stata tutta per lo scontro tra il sindaco leghista Michele Foletti e il suo sfidante democentrista Marco Chiesa. Uno scontro piuttosto singolare, senza particolari sussulti sul campo di battaglia (se si fa astrazione dai mal di pancia del consigliere di Stato Claudio Zali e da qualche frecciatina fra le righe sul Mattino all’indirizzo dell’UDC) e mascherato con la falsità di una sana competizione fra amici di lista per dare all’area di destra il miglior risultato possibile per governare la capitale economica del cantone. Chi si candida – ed è normale sia così – lo fa per vincere e non per indossare i panni del gregario. Quindi, la guerra all’interno della lista Lega-UDC c’è ma è sotterranea.

I democentristi manifestano una certa sicurezza sull’esito delle elezioni (nonché sulle diverse caselle da riempire poi a cascata sul piano cantonale e federale) e non ne fanno mistero. Ma troppa sicurezza può tradire. Il consigliere agli Stati Marco Chiesa, spinto da indubbi successi personali e di partito, sembrerebbe porsi come un nuovo Marco Borradori, tuttavia deve fare i conti col fatto che nella realtà dell’Esecutivo luganese si proietta un po’ come un marziano (forse non a caso il suo slogan elettorale «Marco Chiesa, Lugano, casa» evoca lo spielberghiano «E.T., telefono, casa»). Inoltre, per riprendere il mal di pancia di Zali, da Chiesa l’elettorato luganese attende sempre un importante chiarimento prima del voto, per certi versi lo stesso che in molti (UDC compresa) avevano invano chiesto a Marina Carobbio quando da «senatrice» si candidò al Consiglio di Stato: nel caso avesse i voti per essere sindaco, e nonostante abbia detto a più riprese che il sindaco è Foletti, accetterebbe la carica come da volontà popolare lasciando la poltrona del Consiglio degli Stati, essendo molto difficile conciliare le due cose? Questo ambiguo giochicchiare non fa bene a nessuno e toglie credibilità.

Nell’ombra c’è poi un aspetto che potrebbe essere determinante. Michele Foletti, che da oltre un decennio porta la responsabilità delle finanze cittadine, forse più dell’«amichevole» sfida lanciatagli da Marco Chiesa deve temere gli intrighi casalinghi fatti da quella parte di Lega che ha sempre remato contro di lui sia in Gran Consiglio a Bellinzona quand’era capogruppo sia in Consiglio comunale a Lugano e che dietro le quinte sta sostenendo la candidatura del «senatore» democentrista, il presunto cavallo vincente sul quale puntare. È quella parte di movimento dove non mancano le grandi ambizioni personali con le sensibilità che abbiamo visto anche di recente in Parlamento nella vicenda della nomina di due procuratori pubblici; infidi apprendisti stregoni senza né arte né parte per i quali conta solo avere una «cadrega».

Un tempo alla Lega bastava attendere gli errori degli altri per costruire facilmente le sue fortune; adesso è l’UDC ad attendere che in via Monte Boglia seghino da soli con allegra lena il ramo sul quale stanno seduti. Tolti i sostegni provenienti da altre liste verso l’uno o l’altro contendente, a Lugano la Lega questa partita se la giocherà soprattutto in casa propria. Michele Foletti lo sa bene: «on n’est jamais trahi que par les siens».