La ricorrenza

San Silvestro: una notte diversa

Il 31 dicembre è da sempre un momento conviviale caratterizzato da riti e usanze originali
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Red. AgendaSette
31.12.2022 09:55

Da sempre è un momento di passaggio durante il quale si stila un bilancio del passato e, tra numerosi ed originali riti scaramantici, si guarda al futuro con l’augurio che i mesi a venire siano migliori rispetto a quelli appena vissuti: stiamo parlando della notte di San Silvestro che, puntuale come un orologio svizzero, ogni 31 dicembre segna la fine di un anno e l’inizio di uno nuovo. Momento di condivisione e spensieratezza, la ricorrenza deve il suo nome a papa Silvestro I il cui pontificato si estese dal 31 gennaio del 314 al giorno della sua morte, il 31 dicembre del 335. Da allora, il religioso viene ricordato nell’anniversario della sua scomparsa. Alla figura del pontefice non è tuttavia legato alcun valore simbolico anche perché, stando ai documenti dell’epoca, la sua opera fu modesta a differenza di quella dell’imperatore Costantino, in carica nello stesso periodo, che per la Chiesa giocò un ruolo fondamentale concedendo al cristianesimo pienezza di libertà e di diritti.

Chi prima, chi dopo

La prima regione del mondo a salutare il nuovo anno è la Polinesia: a festeggiare per primi, in particolare, sono gli abitanti di Tonga, seguiti da quelli di Samoa e delle Kiribati. Dopo questi piccoli Stati insulari, ad essere toccate dal nuovo anno sono nazioni più popolose quali la Nuova Zelanda, l’Australia e il Giappone: iconiche, in questo senso, le immagini dei bagordi e degli spettacoli pirotecnici che, durante la giornata del 31 dicembre, possiamo vedere alla televisione o sui vari social network. A festeggiare per ultime sono invece le Samoa Americane.

Un’abbuffata di tradizioni

Come scritto in precedenza, la notte di San Silvestro è un momento di convivialità: ecco allora che la tavola, e ciò che su di essa viene servito, si carica di un valore particolare. Ma da dove vengono le usanze che ancora oggi seguiamo? Per quanto riguarda la Svizzera italiana, la maggior parte di esse va ricondotta al passato e, in particolare, alla civiltà contadina. Sulla tavola dei nostri nonni e bisnonni, innanzitutto, trovava posto l’uva sultanina. In vista delle feste di fine anno, i contadini mettevano in cantina o in cucina vicino al camino un grappolo d’uva: il «bagiöö». In passato infatti, soprattutto nelle valli impervie del Ticino, la dieta delle persone comuni era povera e la possibilità di consumare della frutta, soprattutto fuori stagione, era una piacevole eccezione.

Altro piatto tipico alle nostre latitudini è il cotechino o lo zampone con le lenticchie. Questi legumi sono i più antichi che l’uomo abbia mai coltivato in quanto le prime tracce di tale attività risalgono al 7.000 a.C. in un’area che corrisponde, più o meno, a quella dell’odierna Siria. Da questa zona, quindi, le lenticchie si sono diffuse in tutto il Mediterraneo via mare. A sancire la fortuna della derrata alimentare sono stati due fattori essenziali che l’hanno resa comune anche sulle tavole dei ceti più sfavoriti: l’alto valore nutrizionale ed il costo esiguo. Simboli di fortuna, ricchezza e prosperità anche per via della loro somiglianza a piccole monete, già gli antichi romani erano soliti regalare agli amici una piccola borsa di cuoio, da legare alla cintura, con delle lenticchie.

Parimenti all’uva, anche il cotechino e lo zampone rimandano alla cultura contadina per la quale il maiale è sempre stato un simbolo di abbondanza, sazietà, prosperità, salute e felicità. Del maiale, del resto, «non si butta via niente» e in passato la «mazza» dell’animale costituiva un rituale imprescindibile del quale cotechino e zampone erano, appunto, due prodotti tipici. Dalla macellazione del suino, inoltre, i nostri antenati ricavavano preziose fonti nutritive durante i freddi mesi invernali.

Rimanendo in area Lombarda, un altro alimento caratteristico per San Silvestro è il cappone, simbolo di abbondanza e agiatezza. I contadini lo allevavano o per concedersi un lusso all’interno di un’esistenza altrimenti molto dura, o per venderlo a persone abbienti e ricavare così un po’ di contanti.

Migrando verso terre più lontane, ma non troppo, ritroviamo un’altra tradizione legata all’uva. In Spagna, in effetti, quale rito propiziatorio si usa mangiarne dodici acini allo scoccare della mezzanotte, uno per ogni rintocco. Se si riesce nell’intento, l’anno venturo sarà propizio. Tredici sono invece i tipi di frutta secca che i francesi sono soliti mangiare la notte di San Silvestro. L’usanza, ancora una volta, rimanda all’antica Roma dove tali prodotti della terra erano considerati dei simboli benauguranti. La frutta è infine protagonista in Grecia dove si fa cadere una melagrana davanti alla porta di casa: maggiori sono i grani che si disperdono sul suolo, maggiori saranno le ricchezze che si accumuleranno durante l’anno venturo.

Vandalismo apparente

Le tradizioni legate all’ultimo giorno dell’anno, ad ogni modo, non riguardano solo la tavola: facendo un giro virtuale attorno al globo, spuntano diverse usanze quantomeno interessanti. A cominciare da una molto conosciuta pure alle nostre latitudini: indossare un capo, dell’intimo o un accessorio di colore rosso quale portafortuna per i dodici mesi che ci attendono. L’indumento dovrebbe idealmente essere un regalo e venire buttato il giorno seguente. Sulle origini dell’usanza ci sono diverse ipotesi, una delle più battute rinvia alla Cina dove si crede che il colore rosso sia in grado di scacciare lo spirito maligno «Niàn».

In controtendenza rispetto all’uso comune, in Brasile il colore della notte di San Silvestro è il bianco. Così vestiti, i brasiliani si lanciano a mezzanotte in mare allo scopo di saltare sette onde e, per ognuna di esse, esprimere un desiderio.

Altro elemento caratteristico dell’ultimo dell’anno sono i fuochi d’artificio. Spesso detestati dagli animali domestici che si spaventano a causa del rumore, in diverse culture il loro scopo è fare altrettanto con spiriti maligni e demoni. I bagliori che generano, invece – analogamente a quelli di lanterne, fiaccole e altro – hanno la funzione di illuminare la strada all’anno venturo.

Molto particolare è, dal canto suo, una tradizione danese che dai profani potrebbe venir classificata come semplice atto di vandalismo ed è invece una manifestazione di affetto. Nel Paese del nord Europa si è soliti rompere le stoviglie rovinate contro le porte delle abitazioni di parenti e amici il 31 dicembre. Più cocci una persona si trova davanti all’uscio la mattina seguente, più sono le persone che le vogliono bene.

Chiudiamo la nostra rassegna in Bulgaria dove la mattina del primo gennaio i bambini picchiano la schiena degli adulti con un ramo di corniolo decorato che dovrebbe regalare salute e una lunga vita. In cambio, i giovani ricevono biscotti, nocciole, frutta secca o altri piccoli regali.