Società

«Ho scoperto di saper cantare una notte d'estate»

A tu per tu con Raissa Avilés, cantante, performer e autrice
39 anni Raissa Avilés, cantante, performer, coordinatrice di progetti culturali, insegnante e… e molto altro ancora, è sempre in cammino.
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
03.09.2023 06:00

«Vorrei accettare me stessa e farmi accettare dagli altri senza definire me stessa». A 39 anni Raissa Avilés, cantante, performer, coordinatrice di progetti culturali, insegnante e… e molto altro ancora, è sempre in cammino, anche se ha compiuto tragitti e traiettorie ben definite. Che l’hanno portata dal Ticino, dove è nata e ha fatto le scuole dell’obbligo (sua madre è bellinzonese e suo padre è messicano) fino a Bologna e poi Barcellona e infine ancora in Ticino. Dove oggi vive e lavora. Dopo appunto aver girovagato per Paesi ed esperienze. «Mio papà dice che sono una donna d’azione», commenta non a caso, prima di spiegare cosa si intende per mimo corporeo drammatico, disciplina «inventata» a inizio Novecento da Étienne Decroux, in cui si è diplomata nel 2008 alla scuola «Moveo Teatro» di Barcellona.

Il metodo Decroux

Più che una spiegazione è in realtà una rappresentazione. Perché Avilés inizia a muovere braccia, mani, tronco e testa del corpo in un modo che a prima vista non si è mai visto. «Il mimo corporeo non ha niente a che fare con la pantomima – spiega Avilés – il tronco del corpo viene eletto a principale mezzo espressivo, i movimenti vengono scomposti così da risultare disciplinati e controllati quasi seguendo uno stile geometrico». Non a caso Giorgio Strehler, celebre regista teatrale e direttore artistico italiano, dirà: «Il mimo è per Decroux un pretesto per disegnare alla base il profilo di un nuovo teatro, la forma di un teatro del domani, che partendo dal «corpo», e da esso solo, nello spazio dell’universo, nel vuoto, nella nudità, nel silenzio (o nella musica delle sfere), ritrovi il senso e la forma originaria della teatralità umana più essenziale».

Avilés si diploma a Barcellona, dove era arrivata da Bologna, dopo aver frequentato il Dams e fatto altre esperienze di teatro secondo il metodo di Jerzy Grotowski, «considerato uno dei padri del teatro contemporaneo perché ha rivoluzionato il modo appunto di fare teatro rimettendo al centro il corpo e la voce, creando spettacoli che sono quasi dei rituali per gli attori e il pubblico», ma poi segue un’altra strada. L’ennesima.

La svolta canora

Una svolta avvenuta su una spiaggia. Dove una sera si mette a cantare quasi per caso una ranchera messicana. «Un genere popolare che conosco molto bene perché lo cantavano mio padre e mia madre», sottolinea. Avilés canta, quasi per caso, «perché io fin da piccola volevo fare l’attrice», si lascia sfuggire, sorridendo con gli occhi e con le labbra. Canta e scopre di piacere e di piacersi. «Quella sera su quella spiaggia illuminata dalla luna e dalle stelle è scattato qualcosa…». Deve però passare un altro anno, Avilés passerà 7 anni in Spagna, quando la cantante in erba ricontatta il chitarrista che insieme a lei aveva cantato in spiaggia. «Alla fine ci innamoriamo, creiamo un gruppo, i SinConplejos e iniziamo a cantare alle feste e ai compleanni degli amici».

Il ritorno

Cantano così bene che qualcuno a un certo punto inizia anche a pagarli e collaborano anche con altri musicisti. Tra questi un ragazzo spagnolo che suona il contrabbasso. Ragazzo che Avilés incontrerà ancora qualche anno dopo in Svizzera. Ma questa è un’altra storia. Anzi, la stessa. Perché a un certo punto la vita di Avilés cambia ancora. «Sapevo che l’Accademia Dimitri di Verscio aveva aperto le audizioni per il Master, così ho mandato la mia candidatura e mi hanno presa». Nello stesso tempo anche il contrabbassista spagnolo arriva in Svizzera, «a Losanna per frequentare un Master in jazz». Ma non si trova bene come si immaginava. Losanna non è Barcellona. Non ha la stessa vitalità culturale e artistica. Così un giorno «mi chiama e mi chiede se possiamo ancora cantare e suonare insieme le rancheras messicane».

L’evoluzione

Avilés acconsente. Il gruppo si chiama VersoSuelto, gira la Svizzera. Si fa conoscere. Stringe collaborazioni. Ma soprattutto spinge Avilés a riflettere su sé stessa. «Inizio a pensare di essere più cantante che attrice di teatro». Fino a quando matura la convinzione che «la forma classica del concerto non mi basta più, perché devo usare anche il corpo, creare punti di connessione». Nasce così Maybe a concert, uno spettacolo- concerto, dove musica, canzoni e linguaggio del corpo si fondono, che l’artista porta in scena in Ticino e a Zurigo. Uno spettacolo-concerto che parla «di identità, dell’idea che ognuno di noi si fa di sé e di come possiamo superare queste idee», afferma.

Il prossimo progetto

Ma anche uno spettacolo nuovo eppure già superato nella vita frenetica della donna d’azione. Perché poi succede che… succede che «il Leone d’Oro alla carriera alla Biennale Danza 2019, Alessandro Sciarroni mi scrittura per il suo prossimo spettacolo che partirà l’anno prossimo». Sciarroni «cercava cantanti che avessero anche esperienza di palcoscenico e... e niente, mi ha presa».

Questa è però musica del futuro, anche se prossimo, perché nel mentre Avilés insegna all’Accademia Dimitri e presenza scenica privatamente, e si occupa anche di organizzare festival attraverso l’associazione Zona B. Come Territori Festival, andato in scena quest’anno a Bellinzona in collaborazione con il Teatro Sociale e l’attrice Margherita Saltamacchia.

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