HUB

L’Arsenale dell’arte

La promessa di un futuro luminoso per passare dalle armi alla cultura
/ michaela ghersi / foto di corrado griggi
Tommy Cappellini
Tommy Cappellini
26.03.2022 06:00

Come passare dalle armi all’arte: una transizione semantica sembra essere il fil rouge che conduce il progetto ex Arsenale di Biasca. Parliamo di arte a livelli alti, di arte «in potenza» nel bel paese del distretto di Riviera. Siamo nel capoluogo della Regione Tre Valli: intorno crescono piante inconsuete come la palma nana, tipica della macchia mediterranea che non ci si aspetta a trecento metri di altitudine, alla base di un comprensorio montano. Anche d’inverno, lo scenario delle montagne di granito che dominano il borgo è un rassicurante fondale di abeti e larici su cui all’improvviso – camminando per via ai Grotti – si apre un gruppo di edifici che richiama l’attenzione. Sono strutture solide in pietra e legno, austere ma allo stesso tempo accoglienti, lineari e suggestive nella loro precisa essenzialità, con semplici tetti piani. I progettisti dell’epoca, siamo negli anni Trenta – l’architetto Rino Tami accompagnato da due firme emergenti a quel tempo in Ticino, Bruno Brunoni e Augusto Jäggli – idearono un disegno di pratica eleganza per ciò che doveva essere destinato a ospitare un arsenale. Le finestre riquadrate in legno, i lunghi balconi ritmati dalle doghe orizzontali rievocano scenari d’altri tempi. Fu costruito su di un terreno donato dal Patriziato e dato dal Comune alla Confederazione per essere inaugurato intorno al 1940, quando gli inquietanti venti di guerra in Europa non erano più una remota ipotesi, ma una brutale, concreta certezza. Gli spazi cominciano a essere utilizzati all’inizio della Seconda guerra mondiale: la loro creazione risponde a una precisa strategia politica, evidenziare la necessità di depositi sicuri dove custodire le armi. Oltre ad aver dato lavoro a tante famiglie di Biasca, l’Arsenale ha accolto generazioni di ticinesi durante il servizio militare: lì si andava per recuperare la dotazione di fucili, uniformi, piccole munizioni. Gli edifici custodivano oltre al «materiale del soldato» anche veicoli militari. Questa, in sintesi, la storia nel passato. Ora il futuro di questo complesso è legato proprio al passaggio dalle armi di difesa a un’arte che ci piace pensare pacifica e universale: i tecnici lo chiamano «cambio di destinazione d’uso» ma è un cambio che ha un potenziale culturale, come dire, esplosivo. Stiamo parlando di uno sviluppo di ventimila metri quadrati, sul quale si innalzano dieci edifici ciascuno con una superficie di duecento metri quadrati per ognuno dei tre piani. Considerato «bene culturale cantonale», quello che oggi è l’ex Arsenale militare è stato attivo fino al 2004 e dal 2008 la proprietà è passata da Armasuisse al Comune. Hub ha incontrato Maura Mossi Nembrini - direttrice dell’Ufficio tecnico del Comune di Biasca - per conoscere i progetti sull’Arsenale e la sua storia più recente: «Dopo la chiusura della struttura militare, il Municipio di Biasca, forte di una petizione sottoscritta da centinaia di cittadini e con il sostegno del Patriziato, del Consiglio di Stato e dei Consiglieri Nazionali del Cantone Ticino, intraprese intense trattative con Berna per l’acquisto dell’immobile. Il Comune di Biasca aveva la necessità di edificare un centro servizi per vigili del fuoco, ambulanze, protezione civile, depositi, spazi museali ed espositivi. Espresse quindi al Governo federale la volontà di acquisto dell’Arsenale con l’intento di destinare le strutture proprio a sede del centro servizi». L’operazione è stata completata nel 2008. Il passo successivo fu il cambiamento della destinazione d’uso. «La pianificazione definitiva è arrivata nel 2018», prosegue l’architetta Mossi Nembrini, «nel frattempo sono state trovate soluzioni alternative per la sede dei servizi civili, con investimenti importanti. A quel punto il Comune si è trovato proprietario di un complesso che necessitava al più presto di manutenzione conservativa degli stabili, a partire dai tetti piani». È proprio il momento di intervenire, ma capita che nei piani finanziari dei Comuni si tenda comprensibilmente a dare maggiore urgenza ai progetti che riguardano i servizi primari, a discapito di iniziative legate alla cultura. L’uscita dall’impasse avviene nel 2019 con un incontro cruciale per la sopracitata transizione semantica, dalle armi all’arte. È il momento in cui il Comune incontra il Museo delle Culture di Lugano. «Il contatto con il MUSEC è stato determinante» prosegue Mossi Nembrini. «Il Municipio ha proposto di accogliere nel museo di Lugano le sculture degli Asurini, indios brasiliani della foresta amazzonica. Le ceramiche erano in esposizione permanente alla Casa Cavalier Pellanda, uno dei tre gioielli culturali di Biasca, insieme alla Chiesa di San Pietro e Paolo e appunto all’ex Arsenale. La Casa Cavalier Pellanda è un edificio del Cinquecento, bene culturale tutelato, ristrutturato negli anni Ottanta dallo studio svizzero Bruno Reichlin e Fabio Reinhart. Ora viene utilizzato come spazio espositivo ma l’interessante collezione di sculture da noi non risultava ben messa in evidenza. Francesco Paolo Campione, direttore del MUSEC, in visita a Biasca ha un vero colpo di fulmine alla vista dell’area dell’ex Arsenale: quel luogo così simbolico potrebbe colmare un’esigenza molto sentita nel Canton Ticino. Creare un deposito dove conservare le opere d’arte, aperto a collezioni private e ad altre iniziative legate al mondo della cultura. Con un occhio all’immediato futuro, si può comprendere il potenziale degli spazi e ipotizzare un progetto che porti benefici a tutta la zona. Arte, cultura, educazione, ricerca, sperimentazione… Viene subito alla mente un’analogia con un’iniziativa simile: la Fondation Luma ad Arles, il campus creativo progettato da Frank O. Gehry nel cuore della Provenza. Va aggiunto che Biasca ha la fortuna di essere in una zona strategica per la logistica: dista da Lugano mezz’ora d’auto e si trova sull’asse autostradale del San Gottardo. Il progetto – se pur in via di definizione – ha un grande potenziale e si rivolge a molteplici settori. «Per questo motivo lo abbiamo presentato oltre che ai Musei della Svizzera Italiana anche all’Archivio di Stato, al Centro di dialettologia ed etnografia e alla Biblioteca cantonale, tutti servizi del Canton Ticino che hanno archivi e depositi. Anche la Fondazione Archivi degli Architetti Ticinesi è alla ricerca di nuovi luoghi e ci ha nel frattempo consegnato la biblioteca dell’architetto Tita Carloni. La nostra idea sarebbe inoltre quella di creare ambienti di coworking nell’imponente edificio amministrativo dell’Arsenale, con un legame costante al mondo dell’arte che preveda uffici, sale riunioni, sale di formazione, laboratori di conservazione, restauro, quarantena, preparazione al trasporto». Per questo ora è essenziale capire come intervenire sui vari stabili, proprio a cominciare dall’edificio amministrativo, che sarà il cuore delle attività legate al deposito. Conclude Maura Mossi Nembrini: «Il Municipio di Biasca ha fatto richiesta di sostegno al Cantone. Ci siamo rivolti all’Ente Regionale per lo Sviluppo Bellinzonese e Valli (ERS-BV) che ci accompagna e supporta per realizzare questa iniziativa. Crediamo che il progetto abbia una valenza fuori dai confini di Biasca, che l’ex Arsenale corrisponda a tutti i criteri e abbia le carte in regola per poter accedere ad un sostegno finanziario e politico». Lo scorso 20 gennaio il Consiglio direttivo dell’ERS-BV, ha approvato il progetto sostenendo che se verrà realizzato avrà delle ricadute economiche e sociali positive a livello di tutta la regione e verosimilmente anche a livello cantonale e nazionale profilandosi nel settore grazie a importanti collaborazioni con partner privati e pubblici. Durante il mese di marzo il progetto è stato presentato al Gruppo strategico della politica economica regionale di cui fanno parte i Consiglieri di Stato dei Dipartimenti delle finanze e dell’economia, del Territorio, delle Istituzioni, così come un alto funzionario del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport, i presidenti degli Enti regionali per lo sviluppo e rappresentanti del turismo e delle associazioni economiche, per ottenere la promozione a tutti gli effetti. Questo permette di avere finanziati i primi passi di studi di fattibilità architettonici e specialistici e di implementare l’organizzazione imprenditoriale. Stanno proseguendo poi anche una serie di trattative con importanti partner privati che hanno identificato il «compound» di Biasca come luogo privilegiato per i propri investimenti: tra di essi anche una multinazionale della logistica di assoluto nome e rilievo. Ma questa è una storia notevole, anzi notevolissima, che ci riserviamo di raccontare in futuro sulle pagine di Hub.