Hub stile

Sarto delle proprie passioni

Il bespoke tailoring ha trovato un divulgatore capace di parlare ai giovani
/ Scuola napoletana
Agostino Orseoli
22.06.2021 13:50

Il sonno della sartoria genera mostri. Questo epigramma definisce l’habitus della virilità contemporanea. Mostruosa, appunto. Da quando stilismo e confezione industriale hanno colonizzato il guardaroba maschile, si è persa la misura; figurativamente e letteralmente. Ma c’è ancora chi sa risvegliare l’orgoglio artigiano, riportandolo a modellare la fibra degli uomini di domani. Parlavamo di giovani e Fabio Attanasio è il loro più prezioso ermeneuta. Capace di farsi esegeta della sacralità del classico per una platea di senzadio o di anime smarrite. Nato a Napoli nel 1987, naturalmente dotato di quell’arte di proporzione e di quel genio cromatico che non si imparano e non si insegnano, ha seguito il percorso aureo del conoscitore. Che taglia nel robusto tessuto dei propri talenti l’uniforme dell’erudito. Applicandosi. Prima facendosi largo con aculei di cardo fra le ostinate reticenze di un mondo geloso di se stesso e, conquistata la fiducia dei maestri, proponendosi come eloquente divulgatore dei precetti appresi. «Quando iniziai a bussare alle porte dei laboratori, mi guardavano con diffidenza: non ero un giornalista, non ero un cliente, solo un curioso. Ma la voglia di imparare ha temprato la mia caparbietà. Quando poi incontrai Nicoletta Caraceni, figlia del titanico Ferdinando, mi resi conto che c’era anche chi sapeva capire e sobillare la mia passione con la sua». Forte di 333 mila follower su Instagram, riferimento ormai autorevole con il blog Bespoke Dudes per platee distanti fra loro, come Stati Uniti, Brasile, Turchia, ambasciatore di Maison fra le più prestigiose e capace di farsi imprenditore di marchi propri, un abisso di stirpe lo separa dai «giacalüstra» di successo che possono influenzare solo chi è incline all’esibizione dell’orrido. Ma la battaglia resta di retrovia: oggi le avanguardie di stile privilegiano incisioni tribali alle boutonnière. O no? «In realtà nella fascia fra 25 e 34 anni ho decine di migliaia di follower e percepisco in loro la stessa fiamma che ho io. Certo, il disimpegno dominante che suggerisce di abbandonare l’abito anche per l’ufficio non aiuta, ma esistono cerimonie ed eventi speciali che permettono ai ragazzi di avvicinarsi al sarto. Poi, per chi è incline al bello e al ben fatto, scatta la scintilla. In futuro l’alta sartoria assomiglierà all’automobilismo d’epoca, animato da pochi ma irriducibili appassionati, in grado di rinnovare l’epica passata e di tramandarla». Hai dei brand da consigliare ai nostri giovani lettori e, per i più avvertiti, qualche sartoria? «Riguardo il ready to wear, oltre ai miei TBD Eyewear e The Fleece Milano, suggerisco Velasca ed Eduardo De Simone. Per le sartorie italiane, Vergallo, Liverano, Aloisio, Dalcuore, Cuomo. Per le spagnole, Serna, Prats, Yusti, Placido, Santa Eulalia».