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Una boccata d’aria

Nel mese dello chic nic ci aspettano lussuose merende all’aperto
Royal Ascot racegoers picnic on the grass of an event car park, on 18th June 1992, in Ascot, England. Trays of food and two bottles of Champagne have been consumed during a break from betting and socialising. They are dressed in formal morning dress of top hat, waistcoat, tails with two of the men wearing red roses in their lapel button holes, all traditional and obligatory dress code in the Royal Enclosures which can be seen by visitors in the public car parks near the famous Berkshire race course. Royal Ascot is held every June and is one of the main dates on the sporting calendar and social season. (Photo by Richard Baker / In Pictures via Getty Images)
Carlo Cambi
18.06.2022 06:00

Per favore chiamatelo chic nic. È l’ultimo grido in fatto di socialità elegante ed è un chiaro segnale d’intolleranza alla clausura post virale. È tornato di gran moda il déjeuner sur l’herbe, ma non proprio alla maniera di Edouard Manet, dacché molti stilisti si danno alla creazione del dress code perfetto per spizzicare tra i fiori. Da qui nasce lo chic nic che richiede giusto abbigliamento, stoviglie finissime, cestini naturalissimi e il menù firmato da un cuoco che abbia almeno un paio di stelle. Il giorno giusto? Il 18 giugno, data che è diventata la celebrazione internazionale del picnic. E ce n’era bisogno perché questo «rito» inventato dagli aristocratici francesi stanchi dei lunghi pranzi di corte, diventato un vanto del vivere in perfetto stile british, è oggi una sorta di rito di nuova socializzazione. Scrive, nella Physiologie du Goût, Jean Anthelme Brillat-Savarin: «On devient cuisinier mais on naît rôtisseur».

Così, se sui prati della Bretagna, lungo le rive del lago di Lugano, nei pressi del Castello di Bellinzona, nei pascoli del Casentino, a Hyde Park o al Jardin du Luxembourg stendiamo il plaid e gustiamo menù d’artista, dalle parti di Miami o di Los Angeles ci danno di barbecue. Per gli americani il picnic è eso-cucina, cucina dell’arrostito, gastronomia «primordiale», ma comunque è segno di libertà. Da noi anche uno spuntino all’aria aperta diventa incontro elegante. Potete arrivare all’appuntamento con la Rolls Royce Boat Tail: ne hanno prodotte solo tre, di listino stanno sui 23 milioni di franchi, ma hanno tutto, proprio tutto per un perfetto pranzo all’aria aperta compresi bicchieri in cristallo, piatti in ceramica e oro e ovviamente posate in argento. Tutte le più prestigiose case automobilistiche – come accadeva con i landò, le carrozze del tempo che fu – hanno accessori per il pranzo all’aria aperta. Se però non avete il portafoglio - ancorché embargato - di un oligarca russo non vi preoccupate: si può scendere un po’ di categoria con la Toyota, che ha creato un modello apposta con quei tantissimi allestimenti che molte altre case automobilistiche – dalla Mini alla Volkswagen, passando per Citroën, Kia e Renault – dedicano alla vita all’aria aperta. Nell’alta società sono glamour perfino i banchetti di nozze in stile cestino, tovaglia a quadri, copertina e dita inevitabilmente unte. La differenza la fa il servizio: mentre nelle gite in campagna con annesso spuntino ognuno porta per sé e un po’ per gli altri, qui ci sono i camerieri in alta uniforme, il quartetto d’archi ascoso tra le bouganville e lo spumante o lo champagne che sgorga a fiumi. È così esplosa questa mania del prato imbandito che il 18 giugno è una sorta di start del picnic.

Ogni anno è scandito da un colore: il bianco, il rosso, il verde. Quest’anno pare che si opterà per il giallo in segno di vitalità, il che impone alle signore un abbigliamento sintonico e tovaglie, coperte e stoviglie ton sur ton. Converrà però chiedersi perché rinunciare alla comodità del ristorante per esplorare le radure e i parchi con inevitabile informicolirsi delle gambe? È una ragione molto aristocratica. Lasciando perdere le novelle del Boccaccio, che pure all’amore tra Nastagio e la Traversari dedica la più teatrale delle narrazioni della quinta giornata del Decamerone, da cui il Botticelli trasse su impulso del Magnifico quattro quadri stupendi (quello del picnic è al Prado), la storia ci racconta che fu Maria Antonietta regina dei francesi - quella delle brioches, per capirci – che per sfuggire alla noia dei pranzi di corte disseminò i giardini di Versailles di luoghi ameni dove piquer (prendere) la nique (un piccola quantità). Così ora si sa anche perché, per crasi, diventa picnic con la regina Vittoria, che in Inghilterra ne fa un vero culto. Si sa anche il menù alla francese: quiches e torte salate, la Fiandre (il mitico rotolo di sfoglia della Provenza), le terrine di caccia, ma anche in epoca più recente di pescato, i paté e poi i formaggi e per finire bonbon. Scarso l’accompagnamento di verdure. Più elegante il «cestino» britannico fra tramezzini - che loro chiamano sandwich ignorando che fu Leonardo da Vinci a inventare il panino e poi Gabriele d’Annunzio a dargli il nome pigliandolo dai ricettari antichi - scones, rifreddi di carne, insalate di pollo e crema salata. Da questa usanza inglese – che ripiglia però le imbandite di fine caccia del Quattrocento italiano – nasce una scuola d’artigianato raffinatissimo dedicato al picnic:cesti intrecciati, posate piccole spesso con i manici in corno, bicchieri d’argento e borracce finemente cesellate. I grandissimi coramai (si chiamano così quelli che lavorano il cuoio) come Hermès, Ferragamo, Vuitton hanno sempre avuto linee di borse e di accessori per la bisogna.

Oggi una casa come Fortnum & Mason a Londra produce cestini da picnic e una linea completa dedicata al picnicware che vale molte migliaia di sterline, dov’è compreso un tè spumante – prodotto proprio con metodo champenois – che va a ruba. È il cestino che usano i reali d’Inghilterra per il picnic ad Ascot, che di solito cade al quarto giorno di corse ippiche programmate nella terza settimana di giugno. Il Royal Pavillon si veste a festa e poi tutti sui prati attorno all’ippodromo con un menù speciale e con le signore che devono sfoggiare le più bizzarre creazioni in fatto di cappelli e gli uomini costretti a indossare l’Ascot plastron (un foulard da collo che prevede una speciale annodatura). Peraltro la regina Elisabetta II è un’appassionata di déjeuner sur l’herbe. Nelle sue scampagnate è sempre accompagnata dal «Royal Hamper», un cestino che le fece per regalo di nozze sua sorella Margaret. L’anno scorso, il 21 giugno, aprì per la prima volta i giardini di Buckingham Palace, organizzando un picnic reale. Fino a settembre, pagando 20 sterline, si poteva accedere al parco e organizzare lì il proprio pranzo all’aperto. Molti imitano il menù preferito dalla sovrana (non rinuncia mai allo champagne), che stando alle rivelazioni del cuoco di corte Sir Darren McGrady è composto da sandwich con pollo e maionese o tonno e cetrioli (un’invenzione anche questa tutta british attribuita a John Montagu, IV conte di Sandwich), salmone affumicato selvaggio scozzese, insalata, quiche al Cheddar, e gli immancabili frollini al burro di cui Lilibeth è ghiotta, e per il tè scones con clotted cream e confettura di fragole. Per un picnic all’italiana non possono mancare torte salate, verdure in griglia, ottimi salumi, una pasta fredda e una sfogliata crema e frutta. Indispensabile una mini-cantina da viaggio, perché anche all’aria aperta non si può tradire il giusto abbinamento. E serve pure un savoir-faire ineccepibile. Con Petra Carsetti, autrice di Galatime. È sempre tempo di buone maniere (Edizioni Maretti), una delle massime esperte di bon ton d’Europa, stiliamo il decalogo del perfetto picnic. «Bisogna sempre fare un sopralluogo per verificare se il posto scelto è idoneo. Poi si fanno gli inviti a cui si risponde di regola entro una settimana. Indispensabile portarsi o provvedere agli ombrelli. Fondamentale – spiega Petra – è il dress code: è ammesso un golf di soccorso, le signore devono comunque indossare le calze, sono consentiti gli occhiali da sole e i colori sgargianti nel vestire, ma non eccessive scollature né gonne troppo corte, in modo da poter stare sedute agevolmente. Per gli uomini ammesso un abbigliamento informale, ma mai trasandato. Vietatissimi i bermuda. Per quanto riguarda l’apparecchiatura, se gli inglesi ammettono plastica e cartone, sul continente tutto questo è bandito: solo ceramica, vetro e metallo per le posate. È buona cosa avere degli astucci in legno dove riporre le posate sporche. C’è una regola per stare seduti: mai con i piedi verso il cibo, che sarà preparato in porzioni piccole. Preparate un’area per i bambini e non lasciate rifiuti. La prima regola del galateo è il rispetto, anche per la natura». In soccorso viene il fatto che la picnic-mania è così dilagante che ormai in tutta Europa ci sono, nei parchi, aree attrezzate con barbecue e piazzole. Certo i roccoli di Boboli sono un’altra cosa, ma un plaid, una birra e un panino bastano per sentirsi à la page, e soprattutto felici.