I profeti del tempo

Ogni sera alle 19.55 Martin Horat si sintonizza sulla SRF e guarda le previsioni del tempo. «Sono molto interessanti - dice -, ma non sono paragonabili alle nostre. In televisione si limitano a prevedere l’evoluzione meteorologica a corto termine, noi rivolgiamo il nostro sguardo al lungo termine».
Martin Horat, 77 anni, è uno dei «Muotathaler Wetterschmöcker», i contadini svittesi che elaborano le loro previsioni meteorologiche interpretando i segni della natura. C’è chi segue la crescita di muschi e licheni, chi osserva le gemme dei pini, chi studia il comportamento delle marmotte e chi, come Horat, si affida alle formiche. «Vado nel bosco, mi siedo tra loro e le osservo - racconta -. Le formiche sono le migliori creature per prevedere la meteo».
Le cosce delle formiche
Le cosce posteriori sono un ottimo indicatore. Se sono più grosse del solito significa che l’inverno sarà rigido, se invece sono più fini ci si può attendere tempo relativamente mite. Non solo. «Le formiche forniscono preziosi segnali - aggiunge Horat - anche attraverso il loro comportamento o il loro odore».
È grazie a loro che l’anno scorso Martin Horat è risultato essere il più preciso dei sei profeti del tempo. Aveva previsto un’estate molto umida seguita da un autunno relativamente mite e i fatti gli hanno dato ragione. Le sue previsioni gli sono valse un punteggio di 17 punti su 20, appena migliore di quello ottenuto dal 68enne Karl Hediger, che si è fermato a 16,5 punti.
Più convenienti dei satelliti
«In generale le nostre previsioni hanno una precisione tra il 70 e il 75%» afferma Horat con una certa fierezza. Si tratta infatti di una percentuale non dissimile da quella della meteorologia ufficiale. «Anni fa ci incontrammo con i meteorologi di Zurigo - racconta -. Allora emerse che le loro previsioni realizzate con l’aiuto del satellite avevano una precisione del 72%. Nel frattempo credo che la loro precisione sia un po’ migliorata. Ma le formiche restano molto più convenienti dei satelliti».
Più convenienti, ma meno accessibili. A causa della neve, Horat non ha ancora potuto recarsi nel bosco a discutere con le sue amiche sul tempo che farà la prossima estate. «Adesso non posso esprimermi, devo prima osservare e studiare le formiche - premette -. Ma posso immaginare che sarà un’estate migliore della scorsa».
«La primavera arriverà presto»
Sono invece già disponibili le previsioni per la primavera, realizzate nell’ottobre scorso. «La primavera arriverà presto» annuncia Horat, la cui previsione è condivisa da almeno parte dei suoi colleghi. Roman «Jöri» Ulrich - che con i suoi 50 anni è il più giovane dei profeti del tempo - prevede una fase «bella e calda» già dal 1° marzo, seguita da una fase piovosa o nevosa e, dal 10 aprile, da un nuovo netto miglioramento della situazione.
Dal canto suo il 66enne Alois Holdener, guardia forestale in pensione, prevede bel tempo sia per San Giuseppe, il 19 marzo, sia per Pasqua, il 17 aprile. Nel mezzo immagina però una fase piuttosto fresca e ventosa. «La primavera arriverà al momento giusto» sostiene Holdener, che elabora le sue previsioni osservando gli insetti, i funghi, le pigne, i semi, gli alberi.
Secoli di annotazioni
In fin dei conti prima dell’avvento di radio e televisione non è che ci fossero tante alternative. Alla mancanza di strumenti tecnologici si compensava però con l’attenta osservazione di ogni segnale della natura e con l’annotazione di ogni fenomeno meteorologico.
Martin Horat ha la fortuna di poter contare sul lavoro del 93enne Walter Laimbacher, uno storico che ha ricostruito l’evoluzione del tempo nel canton_Svitto durante l’ultimo millennio, basandosi su documenti scientifici e statistiche ufficiali, ma anche sulle osservazioni dei testimoni o sui resoconti dei profeti del tempo. Un’altra preziosa risorsa è costituita dagli archivi dell’abbazia di Einsiedeln, dove nel corso dei secoli sono state quotidianamente registrate le condizioni meteorologiche e le loro conseguenze sulla popolazione.
Fenomeni estremi
«Nel gennaio 161 6 - cita Horat - gelò il fiume Aar a Berna, tanto che i bambini poterono giocare sul ghiaccio». Nell’estate seguente ci fu invece, in base ai resoconti dei monaci, la più forte ondata di calore degli ultimi cinque secoli. «Tra il 10 luglio e il 2 agosto 1616 il tempo fu così caldo e secco - cita ancora Horat - che nel canton Svitto bruciarono alberi e campi».
Fenomeni meteorologici estremi che si sono ripetuti nei secoli. «Nel 1709 il lago di Zurigo gelò fino alla Limmat - prosegue Horat -. C’erano temperature tra meno 25 e meno 30 gradi. A Ginevra i bambini venivano tenuti a letto giorno e notte, nel Giura neocastellano due donne vennero mangiate da lupi affamati». Nel 1785 il manto nevoso rimase per oltre cinque mesi. «Quell’anno nevicò persino in estate». Mentre tra il 1918 e il 1922 non nevicò nemmeno in inverno. L’estate del 1921 viene ricordata come «la più calda e secca da oltre 120 anni».
«Arriveranno tempi più freddi»
Sulla base di queste osservazioni, Martin Horat dice di sentirsi tranquillo di fronte ai cambiamenti climatici. «Ci sono sempre stati e sempre ci saranno - afferma -. Nulla di nuovo sotto il sole. Ora siamo in una fase in cui le temperature aumentano, ma arriveranno di nuovo tempi più freddi».
Il profeta del tempo svittese non si sc ompone nemmeno di fronte a un mondo scientifico che, a larghissima maggioranza, esprime preoccupazione per il futuro della Terra._«Cinquecento anni fa avevamo le stesse condizioni meteorologiche - sostiene -. Tra il 1530 e il 1564 fece ancora più caldo di oggi. Sebbene non ci fossero né auto, né fabbriche. L’inquinamento è un problema, ma non è credo proprio che sia la causa del riscaldamento climatico».
Nemmeno lo scioglimento dei ghiacciai riesce a impressionare più di tanto Martin_Horat. «In passato è già successo parecchie volte che i ghiacciai si sciogliessero e poi tornassero a crescere - afferma -.Non è possibile giudicare un fenomeno limitandosi ad osservare gli ultimi 150 anni. Il clima è in costante cambiamento ma la nostra conoscenza si limita a un periodo molto ristretto. Per capire il presente, bisogna conoscere l’evoluzione storica».