La domenica del Corriere

Gli accordi e le strategie

Confronto a sei voci tra chi ritiene che il Consiglio di Stato sia una sorta di organo di ratifica e chi reputa che il problema l’assenza di una visione
Gli ospiti di Gianni Righinetti: Fabrizio Sirica, Piero Marchesi, Daniele Caverzasio, Franco Cavalli, Maurizio Agustoni e Nicola Pini. ©Chiara Zocchetti
Gianni Righinetti
23.10.2022 20:00

«Il Governo del Mulino bianco». Ha preso spunto da questa «constatazione-provocazione» del presidente dell’UDC Piero Marchesi la puntata de La domenica del Corriere che ha visto confrontarsi anche il coordinatore del Forum Alternativo Franco Cavalli, i parlamentari del PLR Nicola Pini, della Lega Daniele Caverzasio, il capogruppo del Centro Maurizio Agustoni e il copresidente del PS Fabrizio Sirica. Un confronto a ruota libera diretto da Gianni Righinetti che in prima battuta dato la parola a Marchesi: «Non è stata una provocazione, bensì una pura constatazione del sistema che si è dato il nostro Governo che è organo di ratifica di ogni dipartimento. Dire sì a tutti affinché nessuno dica mai no a un collega. Regola legittima ma che non condivido. Agendo così non si dimostra di essere il faro del Cantone. C’è troppo dipartimentalismo e poco Governo». Cavalli, il solo presente realmente all’opposizione: «Sono 30 anni che predico nel deserto e guardo alla sinistra. Per il PS essere al Governo deve significare la politica del doppio governo. Essere nella stanza dei bottoni ma anche all’opposizione. È la tattica fatta propria dall’UDC quando in Consiglio federale c’era Blocher. La vera sinistra deve rappresentare davvero l’opposizione sociale». Un’osservazione che è parsa fatta su misura per Sirica e il suo PS alle prese con una stagione tumultuosa. Ma, ha osservato Righinetti, se c’è stato un socialista che non ha fatto mistero di trovarsi bene nell’Esecutivo cantonale, questo è Manuele Bertoli: «In pochi giorni c’è chi mi ha rimproverato di essere troppo a sinistra e nello stesso tempo altri che ritengono che lo siamo troppo poco. Concordo che il Governo ha un problema, ma non del Mulino bianco, ma per assenza di una chiara visione. Anche dopo il Covid e con il Preventivo 2022 non ha forza e coraggio. Noi non stiamo per forza con il nostro consigliere di Stato e lo abbiamo dimostrato. Dove non c’è conflittualità politica nasce la conflittualità sociale». E il PLR, storicamente di Governo, che dal 2011 non ha più due consiglieri di Stato, non riesce a seguire il doppio binario? «Il PLR ha nel DNA il senso di responsabilità. Bisogna distinguere le logiche di partito e quelle di Governo. A me piace la logica della concordanza che sprona le principali forze a collaborare per costruire qualcosa che sia non solo di visione, ma realizzabile. Non credo che i cittadini abbiano interesse a vedere un Governo litigioso sulla stampa. Quanto sia viva la discussione interna non sono in grado di dirlo. E, in fondo non lo sa nessuno, anche perché delle sedute governative non esistono i verbali».

E la Lega, che in passato non faceva mistero di opporsi a quanto proponeva il proprio consigliere di Stato, cosa ne dice? «È una questione di dinamiche differenti tra i due poteri. I governi litigiosi non credo che portino i Paesi di riferimento da nessuna parte». E Agustoni ha affermato: «Non dico che questo Governo non decide, dico che in questa legislatura non ha preso decisioni strategiche. Abbiamo dei conti pubblici che preoccupano e troviamo sempre la frase con “la politica che dovrà prendere delle scelte”». Frase che mi lascia perplesso, la politica sono anche i cinque in Consiglio di Stato e forse anche perché alla fine della legislatura il momento dovrebbe essere arrivato. Invece non si affronta il merito della questione, ma l’affermazione del Mulino bianco non la trovo corretta, quella che manca è una sintesi del lavoro dei singoli. Andrebbe più che altro tolta un po’ la patina di gesso».

E cosa ne dice l’ispiratore della discussione sul Mulino bianco? «Direi che sono uscite diverse osservazioni interessanti che sembrano tendere a qualcosa di diverso di quanto ho affermato, ma poi giungono alla medesima conclusione. Io non voglio un Governo litigioso, ma il problema oggi è che i cinque non decidono, ma ratificano posizioni altrui».