La domenica del Corriere

La sicurezza, il nostro Esercito e l’idea mai sopita di abolizione

Vivace confronto alla luce della proposta di puntare sempre di più sulla difesa nazionale - Gobbi: «C’è sempre chi vuole minarne la credibilità» - Riget: «Lo stop, come visione a lunghissimo termine, rimane»
Martin Bühler, Norman Gobbi, Laura Riget e Marco Noi, ospiti di Gianni Righinetti. ©CdT/Zocchetti
Gianni Righinetti
05.11.2023 20:00

In Svizzera possiamo stare tranquilli? Esercito e Polizia sono in grado di difenderci? Interrogativi sempre più d’attualità alla luce della persistente minaccia terroristica e il dilagare dei conflitti. Domande che sono state al centro della puntata de La domenica del Corriere moderata da Gianni Righinetti e arricchita dai pareri di Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle Istituzioni, del consigliere di Stato grigionese Martin Bühler (con il grado di colonnello nell’Esercito), della co-presidente del PS Laura Riget e del co-coordinatore dei Verdi Marco Noi. Dobbiamo preoccuparci? «L’evento avvenuto in Belgio solo poche settimane fa – ha affermato Gobbi – dice che questi lupi solitari sono sempre in agguato». Stiamo esagerando? «Un certo livello di timore viste le tensioni geopolitiche è comprensibile – ha aggiunto Riget – ma guai cadere in paure troppo forti, esageratamente irrazionali». Per Bühler la percezione di quanto accade «è sotto gli occhi di tutti, la popolazione si attende da noi che siamo pronti, non si tratta di panicare». A mente di Noi conta anche l’aspetto psicologico: «Certo viviamo in un clima di tensione. Lo dico anche in virtù della mia professione» (ndr. psicologo e psicoterapeuta).

Ma è solo marketing?

Righinetti ha poi aperto il capitolo dedicato all’Esercito, anche perché è in atto un cambio di strategia, come ha dichiarato il capo dell’Esercito Thomas Süssli: la priorità si riorienta, dalla protezione alla difesa. È l’effetto guerra sulla porta di casa? «Quella di Süssli non è un’azione di marketing. Attorno al continente europeo c’è un’alta instabilità e l’Esercito, dopo quanto accaduto in Ucraina, ha capito che occorreva riprendere la missione principale. La difesa rimane importante sul piano tattico. Ora si corre al riparo, anche ripristinando quella che è la spesa militare, sulla quale i punti di vista divergono». Giusto riorientare la strategia? «No – ha affermato Riget – perché occorre partire dall’analisi dei rischi più plausibili e l’invasione (una guerra diretta) non è uno scenario plausibile. Occorre essere realisti, considerando che le vere minacce sono ad esempio i cyber attacchi. Giusto adeguarsi, ma non aumentando gli effettivi o spendendo miliardi di franchi in aerei da combattimento che fanno parte del passato e non più dell’oggi». Dal punto di vista di Bühler «la missione è sempre rimasta la difesa e quanto accade ora è una giusta reazione. Essenziale è che la missione dell’Esercito rimanga al centro dell’attenzione e senza cambiare in continuazione. Non si può pensare a una minaccia e lasciare tutto il resto da parte». Noi è del parere che «difesa e protezione sono due facce della stessa medaglia. Un po’ di marketing o pretattica mi sembra di poter dire che Süssli la faccia. Ma la Svizzera da chi sarebbe attaccata? Siamo al centro dell’Europa. Chi dei nostri vicini ci attaccherebbe? Se arrivasse da più lontano l’attacco transiterebbe su cieli di altre nazioni e interverrebbe qualcuno prima di noi. È evidente una strumentalizzazione della realtà. Ma ci sono altre incombenze che non possiamo tralasciare. Non si va verso un cataclisma. Fossa attaccata la Svizzera sarebbe il finimondo”.

Il desiderio e la realtà

Ma alla fine dei conti l’esercito serve ancora? Che fine ha fatto la spinta di chi vorrebbe abolirlo? Per ora a livello di Camere federali l’aumento della dotazione finanziaria è stata accolta. Riget, è tempo di rilanciare l’abolizione? Obiettivo o utopia? Quello che accade ora non pare essere molto utile alla vostra causa, ha affermato Righinetti rivolgendosi a Riget: «Lo scenario niente Esercito è una visione a lunghissimo termine di una società ideale, sappiamo benissimo che non può essere una rivendicazione attuale, ma non per questo deve essere dimenticata. Sul breve periodo diciamo sì all’Esercito, ma ridimensionato, più piccolo più adeguato alla realtà. Tante cose considerate utopie, poi si sono verificate». Di avviso opposto Gobbi: «Il gruppo per una Svizzera senza Esercito è ancora attivo. Ha solo riorientato la sua strategia. Mira a ridurre le risorse ed effettivi. Vogliono minarne la credibilità, ma attenzione alle fondamenta dell’Esercito. Ma questa non è la visione del popolo e della maggioranza politica del nostro Paese».