Una scuola da trenta ore? Gli interrogativi non mancano
La scuola, e in particolare la proposta del PLR di alleggerire la griglia oraria, è stata al centro della puntata de «La domenica del Corriere». Sull’idea lanciata dai liberali radicali qualche settimana fa attraverso un’iniziativa parlamentare si sono confrontati gli ospiti del vicedirettore del CdT Gianni Righinetti: il deputato del PLR Aron Piezzi, la granconsigliera del Centro Maddalena Ermotti Lepori, il deputato del PS Maurizio Canetta e il capogruppo dell’UDC Sergio Marchesi.
La proposta del PLR, lo ricordiamo, principalmente intende ridurre la griglia oraria, portando la settimana da 33 a 30 ore di lezioni obbligatorie, che sarebbero seguite - nel pomeriggio - da una serie di proposte formative, nelle quali «l’autonomia e l’indipendenza degli allievi venga stimolata e coltivata». Sulle ragioni di questa iniziativa, Piezzi ha spiegato: «C’è bisogno di più qualità. In occasione dei 50 anni della scuola media, abbiamo pensato fosse il momento di pensare a una riforma». L’auspicio, ha chiarito, «è che non sia tanto la politica a occuparsene, quanto piuttosto i vari attori del mondo scolastico». Secondo Ermotti Lepori, però, in primis «è importante capire quali ore verranno tolte» e anche «cosa succederà ai ragazzi: è fondamentale che gli allievi non siano penalizzati e non ci perdano».
Scetticismo condiviso anche da Canetta, secondo il quale «un numero minore di ore non corrisponde necessariamente a una maggiore qualità: non è lì che si gioca la partita». Per Morisoli, invece, il merito dell’iniziativa del PLR è quello di fare «proposte trasversali». Tuttavia, «con la riduzione dell’orario nasce un grosso problema, quello del tempo libero. Specialmente nelle fasce orarie in cui molti genitori lavorano». Insomma, secondo il capogruppo UDC, la proposta «ha implicazioni che vanno oltre alla scuola» e occorre tenerne conto.
Nella settimana in cui il Governo presenterà il Preventivo 2025, Righinetti ha poi chiesto ai suoi ospiti se la scuola debba essere esentata dai tagli. «È un settore prioritario, ma bisogna anche chiedersi se i soldi possono essere investiti meglio», ha risposto Piezzi. Secondo Canetta, invece, la scuola è un settore «centrale» e per questo «deve essere toccato il meno possibile e soprattutto non al cuore della sua missione». Dello stesso avviso pure Ermotti Lepori, che ha fatto notare che in Ticino «la spesa pubblica per l’educazione è del 4,3% rispetto al PIL. Siamo il quartultimo cantone. Forse ci sono altri settori in cui è possibile tagliare». E Morisoli? Prenderebbe in mano le forbici per ridurre la scuola? «Sì, non c’è alcun settore che non debba figurare nell’esame di costi e benefici», ha risposto. «Il budget del DECS negli ultimi 12 anni è cresciuto del 25%, ma quello dedicato alla scuola dell'obbligo non supera il 10%, quindi i soldi in più non sono finiti lì. Forse tutto ciò che sta attorno alla scuola - burocrazia e apparati - potrebbe essere contenuto per avere più risorse da mettere in altri settori dell’insegnamento».