«Il dopo-Carobbio? Temo un pasticcio»
Qualsiasi osservatore non troppo attento riterrebbe che la Svizzera se la stia cavando piuttosto bene, a livello economico, rispetto ad altri Paesi. Eppure martedì in Consiglio nazionale il rappresentante PLR Alex Farinelli è arrivato a paragonare le finanze federali con il Titanic. «Si stanno muovendo in una direzione allarmante e minacciano di scontrarsi con un iceberg di cui vediamo solo la punta», ha tuonato in aula.
Signor Farinelli, a giudicare dagli indicatori economici la situazione non sembra così tragica.
«Anche sul Titanic non sembrava così tragica, finché non si è andato a scontrare con l’iceberg».
Nel caso delle finanze federali, qual è l’iceberg?
«Il problema è che oggi come oggi la situazione sembra ancora sostenibile, ma l’anno prossimo bisognerà rientrare per l’equivalente di un miliardo e mezzo di franchi e tra due anni, a seconda delle scelte che prenderà il Parlamento, tra i 3,5 e i 5 miliardi».
È così difficile?
«Sì, perché una grossa fetta del budget di circa 80 miliardi, circa il 60%, è regolata da leggi che non la rendono modificabile, almeno nel breve termine. E nel Parlamento non c’è la consapevolezza che bisogna iniziare a darsi una regolata».
Cosa intende per «darsi una regolata»?
«Negli ultimi anni, soprattutto nell’ultimo anno, il Parlamento ha più volte deciso spese di una certa portata sottostimando l’impatto dal profilo generale della stabilità delle finanze».
Per esempio?
«Per il controprogetto all’iniziativa sui ghiacciai sono stati votati 400 milioni di franchi all’anno, per il controprogetto sui premi di cassa malati il Consiglio nazionale aveva approvato qualcosa come 1,8 miliardi di franchi all’anno. Non possiamo continuare a impegnare la Confederazione per miliardi di franchi all’anno pensando che queste risorse in qualche modo pioveranno dal cielo».
Non è giusto salvare i ghiacciai?
«Certo, io non contesto che le singole scelte possano essere giuste. Il problema è che manca una visione d’insieme».
Il Parlamento spende, eppure non è di sinistra.
«Non è una questione di sinistra o destra. La questione è che il Parlamento si concentra troppo spesso sul singolo tema, perdendo di vista il piano generale».
Ma perché si spende così allegramente?
«Penso che il periodo pandemico abbia fatto un po’ perdere la consapevolezza che non è che ci siano risorse per tutto».
Gli aiuti per il COVID sono stati un precedente pericoloso, almeno a livello psicologico?
«A livello psicologico sicuramente, perché in quel periodo le questioni finanziarie non avevano importanza. Giustamente, mi viene da dire, perché in quel periodo le priorità erano altre. Ma ora dobbiamo tornare a gestire le finanze come si era fatto prima del 2020».
Anche i famosi utili della BNS, che oggi sono perdite, hanno un ruolo in questo meccanismo?
«Questa era una grande illusione. In passato c’è chi guardava ai 100 miliardi di riserve come se fossero la caverna di Alì Baba. Noi abbiamo sempre avvertito che sarebbe bastato qualche evento particolare per cambiare l’andamento dei mercati e volatilizzare quegli utili. Non mi fa piacere dirlo, ma avevamo ragione».
Quindi hanno sbagliato quei cantoni - tra cui il Ticino - che hanno inserito a preventivo i proventi dalla BNS?
«No. Il preventivo non lo si prepara a dicembre, si inizia in febbraio, marzo. Allora la situazione era un’altra. Poi chiaramente la politica deve essere consapevole che queste entrate potrebbero anche non esserci e che quindi bisogna fare attenzione alle spese».
Mercoledì si eleggono due nuovi consiglieri federali. Prevede sorprese?
«Diciamo che sarà un’elezione interessante. Non ci dovrebbero essere sorprese nella misura in cui a essere elette saranno molto probabilmente persone presenti sui ticket ufficiali dei due partiti».
Quando si parla di Hans-Ueli Vogt si ricorda sempre che è omosessuale, come se fosse un’informazione politicamente rilevante. Non la disturba?
«Più che disturbare, mi sembra che sia un segnale di come in politica, e non solo, risulti ancora un aspetto da sottolineare, poiché non usuale. Su questo fronte dobbiamo fare dei passi in avanti».
Quindi non è voyeurismo?
«No, penso che vada interpretato col fatto che non sia mai successo che ci fosse un consigliere federale uomo apertamente omosessuale. Non ricordo se la signora Ruth Dreifuss lo fosse dichiaratamente, finché era in carica».
Parliamo di lei. È pronto a correre per gli Stati già in successione di Marina Carobbio oppure aspetterà le regolari elezioni di ottobre?
«Questa è una situazione davvero intricata, soprattutto se Marina Carobbio dovesse restare in carica fino al giorno della sua possibile elezione in governo. Allora ci sarebbe il rischio di avere due elezioni sovrapposte, con i partiti tenuti a presentare i loro candidati per ottobre prima che si sia tenuto il ballottaggio per la successione di Carobbio. Temo che sarebbe un bel pasticcio».
Lo si potrebbe evitare se a candidarsi fosse una sola persona, per esempio Manuele Bertoli.
«Non si può vietare di presentare altre candidature».
I partiti potrebbero mettersi d’accordo tra loro.
«Ma basterebbe che chiunque raccolga 50 firme e si candidi per far saltare l’accordo. E poi non si può togliere alla popolazione il diritto di scegliere i suoi rappresentanti. Quel seggio non appartiene al PS, bensì a Marina Carobbio, che non ha un subentrante. Non è come se Manuele Bertoli rassegnasse le dimissioni .In tal caso gli subentrerebbe Amalia Mirante, perché quello governativo è un seggio di partito».
Quindi?
«Io sono a disposizione.Poi spetterà al Consiglio di Stato decidere come convocare le elezioni».
Alla sua prima candidatura per il Consiglio di Stato, nel 2015, arrivò ultimo sulla lista PLR. Nel frattempo è diventato il candidato forte del partito. Come spiega questa incredibile ascesa?
«Bisognerebbe chiederlo alle persone che mi danno la loro fiducia, cosa che mi fa molto piacere. Io penso che venga apprezzato il mio modo di fare. Non sono uno che si nasconde, difendo le mie idee con convinzione ma senza attaccare le persone o le istituzioni. Poi immagino mi venga riconosciuta una certa competenza».
Altri brillanti giovani del PLR, come Michele Bertini o Sebastiano Gaffuri, hanno fatto un passo indietro. Dove sta il problema?
«Ogni situazione è dettata da fattori anche personali, non farei una generalizzazione. Però è evidente che la politica chiede tanto. Spesso dall’esterno si pensa che la politica sia questo mondo di lustrini, di aperitivi, di belle cose che uno vede... Non si vede che la politica è fatta anche di parecchie rinunce, non si ha più una vita privata».
Addirittura?
«Nel senso che si è sempre sotto l’occhio vigile dei cittadini e dei media. Qualsiasi cosa facciamo, noi politici siamo osservati in altro modo».
Per esempio a un consigliere federale viene rinfacciato di aver rubato delle videocassette al Serfontana quando era giovane.
«Ci saranno migliaia di ragazzi che nella loro vita hanno commesso dei piccoli reati, magari anche in maniera un po’ stupida. Ma nessuno va a rinfacciarglieli. È chiaro che un politico deve sapere che svolge una funzione di esempio e quindi deve essere sempre ineccepibile. È giusto così. Ma può essere pesante».