Teatro

Federico Buffa: un'antologia vivente nel mondo dello sport

Il giornalista e telecronista italiano racconta al Teatro di Locarno l’insolito incontro tra Fabrizio De André e Gigi Riva
© Reuters / Emmanuele Olivi
Mattia Darni
14.04.2023 11:30

Celebri sono le sue trasmissioni antologiche a tema sportivo nelle quali dimostra, secondo Aldo Grasso, di «essere narratore straordinario, capace di fare vera cultura, cioè di stabilire collegamenti, creare connessioni e aprire digressioni»: stiamo parlando del giornalista e telecronista italiano Federico Buffa. In scena giovedì 20 e venerdì 21 aprile al Teatro di Locarno con lo spettacolo RivaDeAndré amici fragili, scritto assieme a Marco Caronna il quale si occupa anche della regia, siamo andati alla scoperta di cosa attende il pubblico della cittadina sul Verbano.

Signor Buffa, ci presenti lo spettacolo.
«La rappresentazione racconta dell’unico incontro occorso tra Fabrizio De André e Luigi Riva nel settembre del 1969. L’appuntamento fu favorito da un amico di Riva, Beppe Ferrero, calciatore del Genoa che sapeva quanto il collega ascoltasse in maniera ossessiva i pezzi di De André, in particolar modo Preghiera in gennaio. Quel giorno Gigi, dopo aver giocato nel pomeriggio al Marassi di Genova contro la Sampdoria, prese un taxi e andò a casa del cantautore italiano. Entrambi racconteranno, successivamente, del loro appuntamento e tutti e due diranno che, per le prime due ore, hanno solamente bevuto e fumato, dopodiché Luigi chiese a Fabrizio da chi fosse stato ispirato dando il via alla conversazione. Il problema è che nessuno dei due è davvero entrato nei dettagli di cosa si sono detti: l’unica cosa certa è che, alla fine della serata, Fabrizio regalò la sua chitarra a Riva che, per ricambiare, gli donò la sua maglia. Nello spettacolo cerchiamo così di immaginarci cosa sia successo in quelle ore ripercorrendo in parte anche le biografie di entrambi».

Come si fa a costruire un intero spettacolo attorno ad un incontro di cui si conoscono pochissimi dettagli?
«La rappresentazione è composta da undici quadri, come il numero di maglia di Riva, ognuno dei quali ha una componente narrata legata ai fatti conosciuti, una componente recitata nella quale predomina la finzione e una componente musicale caratterizzata dall’esecuzione di un brano di De André, salvo un’eccezione. Per la parte recitata abbiamo cercato di immaginarci cosa si possano essere detti i due e, soprattutto, come lo abbiano fatto».

Immagino che per ricostruire temi e modalità di un dialogo di cui non si sa nulla sia necessario scavare a fondo nella psiche dei suoi protagonisti. Come si procede?
«Avendo entrambi detto che durante l’incontro parlarono delle loro passioni, siamo partiti da lì. Abbiamo cercato le cose che accomunavano i due. De André e Riva hanno infatti una cifra di vita particolare: sono silenziosi, schivi, introversi e anarchici. Il titolo dello spettacolo, Amici fragili, è basato proprio su tale considerazione: ambedue sono molto forti e, al contempo, caratterizzati da un’innata fragilità e da una tendenza depressiva piuttosto marcata. Per quanto riguarda la ricerca: della parte di De André si è occupato Marco Caronna, in scena con me e Alessandro Nidi, mentre alla parte di Luigi Riva mi sono dedicato io. Essendo Gigi una persona molto schiva, per ricostruire la sua figura è stato prezioso l’aiuto di sua sorella, che mi ha raccontato diversi aneddoti legati alla sua infanzia, così come quello di alcuni suoi compagni di squadra».

Importante nello spettacolo è anche la componente musicale.
«Durante lo spettacolo Marco Caronna reinterpreta i pezzi di Fabrizio; sarebbe infatti impossibile rifarli tali e quali in quanto De André è unico: ha una cifra vocale e un carisma che non possono esser replicati. Per proporre un risultato artisticamente convincente, Marco ha parlato a lungo con Michele Ascolese, l’ultimo grande chitarrista di Fabrizio, al quale mandava le registrazioni effettuate in studio per una verifica. Ogni brano è accompagnato da una grafica che viene proiettata alle nostre spalle e che è strettamente legata alla canzone eseguita. Tali immagini fungono da indicazione visiva del capitolo che si sta per affrontare. Prima di ogni brano, inoltre, spiego come mai è stato scelto. Riguardo alla selezione musicale, il brano centrale è Preghiera in gennaio al quale si affiancano poi le composizioni più celebri del cantautore ligure».

Dopo aver discusso a lungo di Riva e De André, adesso parliamo di lei: come e quando nasce il suo amore per lo sport?
«Amo lo sport sin dall’infanzia. I miei genitori mi raccontavano che, da bambino, faticavano a separarmi dalla palla da basket. Il mio sogno era di giocare a pallacanestro, ma la mia statura ha fatto sì che imboccassi una strada differente».

Celebre è la sua serie Federico Buffa racconta: come è nata?
«La serie è nata in modo casuale: nel 2012 avrei voluto andare a commentare la pallacanestro alle Olimpiadi di Londra visto che era Sky a produrle, ma, purtroppo, l’emittente decise diversamente. Mi venne allora chiesto di raccontare delle storie legate alla NBA da utilizzare quali riempitivi durante le partite in diretta della lega americana: nacque così L’NBA dei vostri padri. L’allora responsabile del calcio di Sky Sport vide la serie e mi chiese di fare una cosa analoga per la sua redazione: girammo così una puntata sull’infanzia di Diego Armando Maradona a cui seguì, qualche tempo dopo, un ritratto di Árpád Weisz, allenatore del Bologna nella seconda metà degli anni Trenta che morì ad Auschwitz. Da quel momento cominciò a generarsi una certa eco: andai così al Mondiale del 2014 dove registrai dieci episodi tematici i quali furono i veri precursori dei Federico Buffa racconta».